sabato 31 dicembre 2011

CATECHESI SULLA VITA: FESTA DEI SANTI INNOCENTI MARTIRI

La chiesa universale, la chiesa cristiana ha celebrato la festa dei Santi Innocenti Martiri. Da questa festa è scaturita la mia considerazione sulla difesa della vita. Ho fatto ricorso a diverse fonti che trattano questo argomento e sulla minaccia-pericolo che viene portato alla vita nascente con l’aborto. Secondo le statistiche, in tutto il mondo sono oltre 50 milioni gli aborti legalizzati in un anno, in Italia sono oltre 150 mila i non nati per l’aborto. 
Per un peccato non commesso, è la mia certezza, si attirano infinite benedizioni di Dio su tutto il creato. Come per ogni peccato che viene commesso, si attirano infinite maledizioni su tutto il creato.
Il peccato che l’uomo commette è la causa di tutti i mali che oggi schiavizza l’umanità. Il peccato dell’aborto, subito dopo la bestemmia, sono le principali cause dei mali.
La Chiesa onora come martiri questo coro di fanciulli, vittime del crudelissimo re Erode, per scrivere col loro sangue la prima pagina dell'albo d'oro dei martiri cristiani e meritare la gloria eterna secondo la promessa di Gesù: "Colui che avrà perduto la sua vita per causa mia la ritroverà". Fanciulli, ignari di tutto, che onorano Dio non con la parola ma con la loro vita.
Questa festa deve far meditare tutti, con il cuore non con la mente, sulla situazione attuale, sul male enorme che procura l’aborto. Peccato che soffoca, uccide la vita prima che questa nasca.
Il comandamento NON UCCIDERE, che deve essere rispettato da tutti anche come legge naturale oltre che divina, oggi è sistematicamente violato senza provocare alcuna reazione!
Siamo di fronte a una strategia molto sofisticata, che rende "digeribile" al credulone l'uccisione volontaria di un bambino non ancora nato.
L’aborto è antico quanto l’omicidio, solo che i modi con cui veniva procurato erano ritenuti metodi leciti per liberarsi del feto concepito. In generale in tutte le società pagane questo crudele omicidio era praticato senza che la legge lo proibisse. Il feto infatti era considerato proprietà della madre e di nessun’altro.
Soltanto con l’imperatore Giustiniano l’aborto fu dichiarato vero e proprio omicidio. Con l’avvento del Cristianesimo, riconosciuto come religione dello stato, tale pratica pagana venne severamente riprovata. La Chiesa aggravò le pene per l’aborto e riuscì ad estirpare questo nefando delitto.
Ma nel XIX secolo e molto più nel presente secolo, tempo in cui la società si è impregnata di un nuovo paganesimo, la questione dell’aborto è esplosa ancora più virulenta, prendendo la forma di una dolente piaga generale. La maggior parte degli stati del mondo, Italia compresa, hanno aderito ad una politica di morte che in nome, di inesistenti diritti, ha reso "legale" l’aborto. La Chiesa, per il mandato del suo Fondatore Gesù Cristo, ha parlato chiaramente in favore della vita, degli oppressi e dei bambini e ha più volte dichiarato solennemente l’immoralità di questo crimine, rinnovando con vigore, di papato in papato, la sua condanna.
Tutti quelli che si ritengono cristiani e osservanti dei comandamenti, debbono fare sempre una campagna viva sulla difesa della vita fin dal grembo materno. Il feto nel grembo della madre è già una vita creata da Dio con la collaborazione dei coniugi. Se Dio ha voluto questa vita, la dobbiamo difendere, perché non sappiamo perché Dio ha voluto la vita dall’unione dei coniugi. Certamente non l’ha voluta per fare soffrire il nascituro!

martedì 26 luglio 2011

Suggerimenti sulla preghiera silenziosa

PREGARE SEMPRE E PER OGNI NECESSITA’

Il mio principio è: a pregare s’impara pregando. (Vale per tutti)
Preghiamo per imparare a pregare. Anche chi crede di saper pregare, preghi per imparare a pregare meglio.

LA PRIMA COSA DA FARE O PRIMO MOMENTO DELLA PREGHIERA
La mattina iniziare la giornata dedicando dieci minuti alla preghiera personale. Per dieci minuti recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria.
La sera, terminata la giornata lavorativa, dedicare ancora dieci minuti alla preghiera personale. Recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria, come la mattina.
 (Se incominciamo la giornata con la preghiera, tutto acquisterà un altro valore e tutto sarà fatto meglio! Chi accetta l’invito, incominci a metterlo in pratica, e testimoni l’efficacia ottenuta).

SECONDO MOMENTO
Dedicare all’inizio di ogni giorno, quindici minuti alla preghiera silenziosa. Dividere il tempo così: Cinque minuti, invocare con sincerità di cuore, lo Spirito Santo perché venga ad abitare in noi. Cinque minuti per chiede allo Spirito Santo di manifestarci, per tutto il giorno, la volontà del Padre celeste; cosa dire a chi incontrerò durante il giorno, e come dirlo. Cinque minuti per ringraziare Gesù, per averci concesso lo Spirito santo.
La sera, dopo la giornata lavorativa, ancora quindici minuti di preghiera silenziosa. Cinque minuti riservati all’invocazione dello Spirito Santo. Cinque minuti dedicarli a rivedere tutto quello fatto durante il giorno e come è stato fatto. Cinque minuti per ringraziare Gesù per quello che ci ha fatto fare, chiedere perdono per il male fatto e per il bene non fatto.

Se vi sono persone che dicono di non avere quindici minuti da dedicare alla preghiera, dico a questi di dedicare alla preghiera mezz’ora invece di quindici minuti.  

TERZO MOMENTO
Una volta che si è arrivato alla dimestichezza dei quindici minuti di preghiera silenziosa passare al terzo momento della preghiera silenziosa.
Ogni giorno dedicare ora trenta  minuti alla preghiera silenziosa dividendoli così:
Dedicare dieci minuti all’invocazione dello Spirito Santo. Chiedere allo Spirito Santo tutto quello che il cuore suggerisce e di cui abbiamo bisogno per pregare bene.
Dedicare dieci minuti a Gesù. Leggere lentamente e con attenzione una pagina del Vangelo. Possibilmente il Vangelo del giorno. Leggerlo più volte, meditarlo e cercare di memorizzare la frase che ci ha colpito in modo particolare. La frase che ci ha colpito maggiormente, farla diventare la giaculatoria da ripetere spesso durante il giorno.
Dedicare dieci minuti al Padre. Ringraziare il Padre per tutto sia per il bene che per il male, ringraziarlo per le gioie e i dolori, per le comprensioni e le incomprensioni, per le riuscite e per i fallimenti …

A chi dice di non avere la mezz’ora di tempo, dico: dedichi alla preghiera tutto il tempo che dedichi alla cose inutili e vedi quanto tempo viene fuori per pregare.

sabato 18 giugno 2011

Trattato sul Padre Nostro

In questi giorni l’ufficio delle letture sta riportando dei passi del “TRATTATO SUL PADRE NOSTRO” di San Cipriano, vescovo e martire. Sono “meditazioni” molto profonde e utilissime a tutti, per cui ho creduto opportuno pubblicarle sul blog in modo che tutti le leggessero e non solo.

Sabato dell'XI settimana del tempo ordinario

Dal trattato «Sul Padre nostro» di san Cipriano, vescovo e martire
(Nn. 28-30; CSEL 3, 287-289)

Bisogna pregare non soltanto con le parole, ma anche con i fatti.

Quale meraviglia, fratelli dilettissimi, se il «Padre nostro» è la preghiera che ci ha insegnato Dio? Egli col suo insegnamento ha compendiato ogni nostra preghiera in queste parole di salvezza. Questo era già stato predetto tramite il profeta Isaia, quando pieno di Spirito Santo aveva parlato della maestà e della misericordia di Dio e della parola che tutto contiene e tutto riassume in chiave di salvezza. Il profeta aveva anche affermato che Dio si sarebbe rivolto a tutta la terra con piccole frasi pregnanti. E, in effetti, quando la Parola di Dio, cioè nostro Signore Gesù Cristo, venne a tutti gli uomini, e quando, radunati insieme i dotti e gli ignoranti, ebbe divulgato a ogni sesso e a ogni età i precetti di salvezza, fece un grande compendio dei suoi precetti, perché la memoria dei discepoli non si affaticasse nella dottrina celeste, ma imparasse subito ciò che era necessario alla semplice fede. Così, insegnando che cosa sia la vita eterna, racchiuse con grande e divina brevità il mistero della vita, dicendo: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico e vero Dio, e colui che hai mandato. Gesù Cristo» (Gv 17, 3). Similmente, volendo stralciare dall'insieme della legge e dei profeti i precetti principali e fondamentali, disse: «Ascolta, Israele: il Signore tuo Dio è l'unico Dio»; e ancora: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza. Questo è il primo precetto, e il secondo è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. In questi due precetti è racchiusa tutta la legge e i profeti» (Mc 12, 29-31). E di nuovo: Tutti quei beni che volete che gli uomini facciano a voi, fateli anche voi a loro. Questa è infatti la legge e i profeti (cfr. Mt 7, 12).
Dio ci ha insegnato a pregare non soltanto a parole, ma anche con i fatti, pregando e supplicando egli stesso frequentemente e dimostrando con la testimonianza del suo esempio che cosa dobbiamo fare anche noi, come sta scritto: Egli poi si ritirò in luoghi deserti e pregò (cfr. Lc 5, 16); e ancora: Salì sul monte a pregare, e passò la notte nella preghiera a Dio (cfr. Lc 6, 12). 
Certo il Signore pregava e intercedeva non per sé — che cosa infatti deve domandare per sé un innocente? — ma per i nostri peccati. Lo dichiara egli stesso quando dice rivolto a Pietro: «Ecco che Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede» (Lc 22, 31-32). E dopo questo supplica il Padre per tutti dicendo: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 20-21).
Grande fu la bontà di Dio per la nostra salvezza, grande la sua misericordia! Egli non si accontentò di redimerci col suo sangue, ma in più volle ancora pregare per noi. E guardate quale fu il suo desiderio mentre pregava: che come il Padre e il Figlio sono una cosa sola; così anche noi rimaniamo nella stessa unità.

venerdì 17 giugno 2011

Venerdì dell’XI settimana del tempo ordinario

Dal trattato «Sul Padre nostro» di san Cipriano, vescovo e martire
(Nn. 23-24; CSEL 3, 284-285)

Noi che siamo figli di Dio, rimaniamo nella pace di Dio

Cristo vuole che noi chiediamo a Dio il perdono dei nostri peccati, ma ha condizionato il perdono divino al condono dei debiti che gli altri hanno con noi. Dobbiamo dunque ricordare che non è possibile ottenere ciò che chiediamo per i nostri peccati, se anche noi non avremo fatto altrettanto verso chi ha peccato contro di noi. Per questo in un passo del vangelo si dice: Con la stessa misura con la quale avrete misurato, sarete misurati anche voi (cfr. Mt 7, 22). Quel servo che, pur avendo avuto il condono di tutto il suo debito dal padrone, non volle usare la medesima bontà con il servo suo compagno, venne chiuso in prigione. Non volle essere indulgente col suo compagno di servitù, e perse ciò che gli era stato regalato dal padrone.
Questo dovere viene ribadito fortemente da Cristo e confermato con tutto il peso della sua autorità. Egli dice: «Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro, che è nei cieli, perdoni a voi i vostri peccati» (Mc 11, 25). Nessuna scusa ti rimarrà nel giorno del giudizio, quando sarai giudicato secondo il criterio che tu stesso hai usato con gli altri e ciò che avrai fatto agli altri lo riceverai a tua volta. Dio infatti ha prescritto che siamo operatori di pace, concordi e unanimi nella sua casa. Quali ci fece con la seconda nascita, tali egli vuole che perseveriamo, cioè nella condizione di rinati. Se siamo figli di Dio, rimaniamo nella pace di Dio, e coloro che hanno un solo spirito, abbiano pure un'unica anima e un unico sentimento. Dio non accoglie il sacrificio di chi è in discordia, anzi comanda di ritornare indietro dall'altare e di riconciliarsi prima col fratello. Solo così le nostre preghiere saranno ispirate alla pace e Dio le gradirà. Il sacrificio più grande da offrire a Dio è la nostra pace e la fraterna concordia, è il popolo radunato dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Anche nei sacrifici che per primi Abele e Caino offrirono, Dio non guardava ai loro doni, ma ai loro cuori, sicché nell'offerta gli era accetto chi gli era gradito nel cuore. Abele, uomo di pace e di giustizia, offre un sacrificio a Dio nell'innocenza, e così insegna che anche gli altri, quando fanno un'offerta all'altare, devono accostarsi con il timore di Dio, con il cuore semplice, con la legge della giustizia, con la pace e la concordia. Abele è tale nel sacrificio che offre a Dio; in seguito si è fatto egli stesso sacrificio a Dio, In tal modo, divenuto il primo dei martiri, poté iniziare, con la gloria del suo sangue, la passione del Signore, perché aveva posseduto la giustizia e la pace del Signore. Solo coloro che agiranno così saranno coronati dal Signore. Solo costoro nel giorno del giudizio condivideranno la gloria del Signore.
Al contrario chi vive in discordia, chi è in disunione e non ha pace con i fratelli, secondo quanto attestano il beato Apostolo e la Sacra Scrittura, non potrà sfuggire alle pene riservate ai fautori della discordia fraterna, neppure se sarà ucciso per il nome di Cristo, poiché sta scritto: «Colui che odia il proprio fratello è omicida» (1 Gv 3, 15), e l'omicida non raggiunge il regno dei cieli e non vive con Dio. Non può essere con Cristo chi ha preferito essere imitatore di Giuda piuttosto che di Cristo.

giovedì 16 giugno 2011

Gioverdì dell’XI settimana del tempo ordinario

Dal trattato «Sul Padre nostro» di san Cipriano, vescovo e martire
(Nn. 18. 22; CSEL 3, 280-281, 283-284)

Dopo il cibo, si chiede il perdono del peccato

Dicendo la preghiera del Signore, noi chiediamo: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Ciò può essere inteso sia in senso spirituale che in senso materiale, poiché l'uno e l'altro significato, nell'economia divina, serve per la salvezza. Infatti il pane di vita è Cristo, e questo pane non è di tutti, ma certo nostro lo è . E come diciamo «Padre nostro», perché è Padre di coloro che intendono e credono, così invochiamo anche il «pane nostro», poiché Cristo è pane di coloro che come noi assumono il suo corpo.
Chiediamo quindi che ogni giorno ci sia dato questo pane. Noi viviamo in Cristo e riceviamo ogni giorno la sua Eucaristia come cibo di salvezza. Non accada che, a causa di peccati gravi, ci venga negato il pane celeste, e così privati della comunione, veniamo anche separati dal corpo di Cristo. Egli stesso ha proclamato infatti: Io sono il pane di vita, che sono disceso dal cielo. Se uno mangerà del mio pane, vivrà in eterno. E il pane che io vi darò è la mia carne per la vita del mondo (cfr. Gv 6, 51).
Dice che se qualcuno mangerà del suo pane vivrà in eterno. E' evidente dunque che vivono coloro che gustano il suo corpo e ricevono l'Eucaristia per diritto di comunione. Da ciò si deduce che se qualcuno si astiene dall'Eucaristia si separa dal corpo di Cristo, e rimane lontano dalla salvezza. E' un fatto di cui preoccuparsi. Preghiamo il Signore che non avvenga. E' lui stesso che pronunzia questa minaccia, dicendo: Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi (cfr. Gv 6, 53). Per questo chiediamo che ci sia dato ogni giorno il nostro pane, cioè Cristo, perché noi che rimaniamo e viviamo in Cristo, non ci allontaniamo dalla sua vita divina.
Dopo queste cose preghiamo anche per i nostri peccati, dicendo: «E rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Dopo aver chiesto il sussidio del cibo, chiediamo pure perdono delle colpe.
Come è davvero necessario, e come è prudente e salutare essere avvertiti che siamo peccatori, ed essere spinti a pregare per i nostri peccati! In tal modo, mentre chiediamo il perdono a Dio, l'animo fa riemergere la consapevolezza di sé. E perché non avvenga che qualcuno si compiaccia come se fosse senza colpe e, salendo in alto, non abbia a cadere più rovinosamente, viene istruito e ammaestrato che egli pecca ogni giorno, e perciò gli si comanda di pregare ogni giorno per i peccati.
 Così ammonisce anche Giovanni nella sua lettera, dicendo: Se diremo che non abbiamo alcun peccato, ci inganniamo da noi stessi, e non c'é in noi la verità. Se invece confesseremo i nostri peccati, il Signore è fedele e giusto, e ci rimette i peccati (cfr. 1 Gv 1, 8). Nella sua lettera ha unito assieme l'una e l'altra cosa: che noi dobbiamo pregare per i nostri peccati e che otteniamo indulgenza quando preghiamo. Con questo, ha anche chiamato fedele il Signore perché mantiene fede alla sua promessa di rimetterci i peccati. Colui infatti che ci ha insegnato a pregare per i debiti e le colpe, ha promesso la sua paterna misericordia e il suo perdono.

mercoledì 15 giugno 2011

Mercoledì dell’XI settimana del tempo ordinario

Dal trattato «Sul Padre nostro» di san Cipriano, vescovo e martire
(Nn. 13-15; CSEL 3, 275-278)

 
Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà

«Venga il tuo regno». Domandiamo che venga a noi il regno di Dio, così come chiediamo che sia santificato in noi il suo nome. Ma ci può essere un tempo in cui Dio non regna? O quando presso di lui può cominciare ciò che sempre fu e mai cessò di esistere? Non è questo che noi chiediamo, ma piuttosto che venga il nostro regno, quello che Dio ci ha promesso, e che ci è stato acquistato dal sangue e dalla passione di Cristo, perché noi, che prima siamo stati schiavi del mondo, possiamo in seguito regnare sotto la signoria di Cristo. Così egli stesso promette, dicendo: «Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25, 34).
In verità, fratelli carissimi, lo stesso Cristo può essere il regno di Dio di cui ogni giorno chiediamo la venuta, di cui desideriamo vedere, al più presto, l'arrivo per noi. Egli infatti è la risurrezione, poiché in lui risorgiamo. Per questo egli può essere inteso come il regno di Dio, giacché in lui regneremo. Giustamente dunque chiediamo il regno di Dio, cioè il regno celeste, poiché vi è anche un regno terrestre. Ma chi ha ormai rinunziato al mondo del male, è superiore tanto ai suoi onori quanto al suo regno.
Proseguendo nella preghiera diciamo: «Sia fatta la tua volontà in cielo e in terra», non tanto perché faccia Dio che vuole, ma perché possiamo fare noi ciò che Dio vuole. Infatti chi è capace di impedire a Dio di fare ciò che vuole? Siamo noi invece che non facciamo ciò che Dio vuole, perché contro di noi si alza il diavolo ad impedirci di orientare il nostro cuore e le nostre azioni secondo il volere divino. Per questo preghiamo e chiediamo che si faccia in noi la volontà di Dio. E perché questa si faccia in noi abbiamo bisogno della volontà di Dio, cioè della sua potenza e protezione, poiché nessuno è forte per le proprie forze, ma lo diviene per la benevolenza e la misericordia di Dio. Infine anche il Signore, mostrando che anche in lui c'era la debolezza propria dell'uomo, disse: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!» (Mt 26, 39). E offrendo l'esempio ai suoi discepoli perché non facessero la volontà loro, ma quella di Dio, aggiunse: «Però non come voglio io, ma come vuoi tu».
La volontà di Dio dunque è quella che Cristo ha eseguito e ha insegnato. E' umiltà nella conversazione, fermezza nella fede, discrezione nelle parole, nelle azioni giustizia, nelle opere misericordia, nei costumi severità. Volontà di Dio è non fare dei torti e tollerare il torto subito, mantenere la pace con i fratelli, amare Dio con tutto il cuore, amarlo in quanto è Padre, temerlo in quanto è Dio, nulla assolutamente anteporre a Cristo, poiché neppure lui ha preferito qualcosa a noi. Volontà di Dio è stare inseparabilmente uniti al suo amore, rimanere accanto alla sua croce con coraggio e forza, dargli ferma testimonianza quando è in discussione il suo nome e il suo onore, mostrare sicurezza della buona causa, quando ci battiamo per lui, accettare con lieto animo la morte quando essa verrà per portarci al premio.
Questo significa voler essere coeredi di Cristo, questo è fare il comando di Dio, questo è adempiere la volontà del Padre.

martedì 14 giugno 2011

Martedì dell’XI settimana del tempo ordinario


Dal trattato «Sul Padre nostro» di san Cipriano, vescovo e martire
(Nn. 11-12; CSEL 3, 274-275)
 
Sia santificato il tuo nome

Quanto è preziosa la grazia del Signore, quanto alta la sua degnazione e magnifica la sua bontà verso di noi! Egli ha voluto che noi celebrassimo la nostra preghiera davanti a lui e lo invocassimo col nome di Padre, e come Cristo è Figlio di Dio, così noi pure ci chiamassimo figli di Dio. Questo nome nessuno di noi oserebbe pronunziarlo nella preghiera, se egli stesso non ci avesse permesso di pregare così. Dobbiamo dunque ricordare e sapere, fratelli carissimi, che, se diciamo Dio nostro Padre, dobbiamo comportarci come figli di Dio perché allo stesso modo con cui noi ci compiacciamo di Dio Padre, così anch'egli si compiaccia di noi.
Comportiamoci come tempio di Dio, perché si veda che Dio abita in noi. E il nostro agire non sia in contrasto con lo spirito, perché, dal momento che abbiamo incominciato ad essere creature spirituali e celesti, non abbiamo a pensare e compiere se non cose spirituali e celesti, giacché lo stesso Signore dice: «Chi mi onorerà, anch'io lo onorerò; chi mi disprezzerà sarà oggetto di disprezzo» (1 Sam 2, 30).
Anche il beato Apostolo in una sua lettera ha scritto: «Non appartenete a voi stessi; infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!» (1 Cor 6, 20).
Dopo questo diciamo: «Sia santificato il tuo nome», non perché auguriamo a Dio che sia santificato dalle nostre preghiere, ma perché chiediamo al Signore che in noi sia santificato il suo nome. D'altronde da chi può essere santificato Dio, quando è lui stesso che santifica? Egli disse: «Siate santi, perché anch'io sono santo» (Lv 11, 45). Perciò noi chiediamo e imploriamo che, santificati dal battesimo, perseveriamo in ciò che abbiamo incominciato ad essere. E questo lo chiediamo ogni giorno. Infatti abbiamo bisogno di una quotidiana santificazione. Siccome pecchiamo ogni giorno, dobbiamo purificarci dai nostri delitti con una ininterrotta santificazione.
Quale sia poi la santificazione che viene operata in noi dalla misericordia di Dio lo annunzia l'Apostolo dicendo: «Né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!» (1 Cor 6, 9-11). Ci dice santificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio. Noi preghiamo perché rimanga in noi questa santificazione. E poiché il Signore e giudice nostro impone a chi è stato da lui guarito o risuscitato di mai più peccare, perché non abbia ad accadergli qualcosa di peggio, chiediamogli giorno e notte di custodire in noi quella santità e quella vita, che viene dalla sua grazia.

lunedì 13 giugno 2011

13 GIUGNO SANT’ANTONIO DA PADOVA

La predica è efficace quando parlano le opere

Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina.
Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo Spirito e non secondo l'inclinazione del suo animo. Vi sono infatti alcuni che parlano secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: «Perciò, eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, che muovono la lingua per dare oracoli. Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore» (Ger 23, 30-32).
Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamo umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell'osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti e illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino.

mercoledì 18 maggio 2011

Le quattro virtù cardinali

Molti di voi sicuramente avranno imparato a memoria, da bambini, le “quattro virtù cardinali”: ma quanti di voi ricordano quali sono le quattro virtù cardinali? e perché si chiamano cardinali?
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, il volume che Papa Giovanni Paolo II consegnò alla Cristianità nel 1992, presentandolo come «testo di riferimento per una catechesi rinnovata alle vive sorgenti della fede» è scritto che «le virtù umane sono attitudini ferme, disposizioni stabili, perfezioni abituali dell'intelligenza e della volontà che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede. Esse procurano facilità, padronanza di sé e gioia per condurre una vita moralmente buona. L'uomo virtuoso è colui che liberamente pratica il bene» (1804) e che «Quattro virtù hanno funzione di “cardine”. Per questo sono dette “cardinali”; tutte le altre si raggruppano attorno ad esse. Sono: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza…» (1805).
Avvio queste catechesi per ricordare a coloro che lo hanno dimenticato o per insegnare a coloro che non lo hanno mai imparato cosa sono e come si vivono queste virtù che sono il CARDINE della fede cristiana.



La prudenza

Quante volte è capitato praticare questa virtù senza saperlo! Ecco alcune occasioni in cui si è esercitata questa virtù senza saperlo, quando la moglie rivolta al marito che va al lavoro dice: «Mi raccomando, non correre”. Con più forza la mamma ripete al figlio, quando esce: «Fa attenzione e non tornare troppo tardi”. Tante volte i giovani si sentono dire: «Divertitevi, non fatevi male, state attenti, mi raccomando!”.
Ci vuole Prudenza nella guida dell’auto, nei divertimenti, nel lavoro. Prudenza nell’uso dei mezzi di comunicazione sociale, per non perdere del tempo prezioso, sia per non lasciarsi coinvolgere da spettacoli che possono turbare la serenità del cuore e della mente. Prudenza in tutto anche nelle amicizie e in particolare nella scelta della persona con la quale trascorrere tutta la vita. Molti matrimoni che si sfasciano già dopo pochi mesi. Prudenza nel parlare, evitando soprattutto le chiacchiere inutili, i giudizi affrettati, le mormorazioni, le calunnie.
La Prudenza invita l’uomo a discernere in tutto quello che pensa e che fa, per non pentirsi quando è troppo tardi. L’uomo vuole conoscere distintamente ogni particolare, si mette a valutare tutte le situazioni pro e contro. Per discernere bene bisogna usare il giudizio, l’intelligenza, il buon senso e anche il sentimento, ma mai lasciarsi guidare dall’egoismo, dalla rabia o dalla superbia.
La Prudenza è dunque il retto discernimento delle azioni umane. Un discernimento, quindi, che non deve nuocere né a chi compie l’azione né agli altri. La Prudenza deve sì essere guardinga, attenta, ma non deve sottovalutare la lealtà e l’onestà. La Prudenza ci vuole non solo quando uno difende se stesso ma anche per difendere gli altri. In questo caso la Prudenza diventa saggezza che agisce come virtù morale e che è l’abitudine di fare il bene. La virtù della Prudenza si acquista ripetendo atti buoni.
L’episodio di Davide e Golia ci offre un grande insegnamento della virtù della Prudenza. Golia, con superbia e spavalderia gridò a Davide: «Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche”. Davide rispose: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai insultato. In questo stesso giorno, il Signore ti farà cadere nelle mie mani. E tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele” (I Samuele 17,44-46).
E Davide «ebbe il sopravvento su Golia con la fionda e con la pietra”, Davide non si fida dei suoi mezzi per abbattere il gigante Golia, ma mette tutta la sua fiducia nella potenza del Dio d’Israele.
Dal Re Davide impariamo anche noi ad avere Dio come nostro consigliere, perché è Lui che arriva là dove noi non arriviamo. Per questo ringraziamolo sempre con tutto il cuore.
Nella dottrina cattolica la Prudenza è la prima delle Virtù Cardinali. Grazie ad essa il cristiano, con l’aiuto dello Spirito Santo, è capace di discernere il giusto dall’ingiusto, il bene dal male e trova la luce e la forza per conseguire la propria salvezza.
Il cristiano, veramente credente, ha ricevuto attraverso il Vangelo, un insegnamento e una forza tale, che sono la sicurezza di una buona riuscita sia nella vita presente che in quella futura. Per noi il Vangelo è Gesù Cristo stesso. Quando Gesù ci esorta a pregare e a vigilare, egli ci dona la forza necessaria per esercitare la virtù della Prudenza nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, sì da appagare e realizzare tutta la persona. Alla luce del Vangelo, la Prudenza diventa quella piccola pausa di riflessione che ci impedisce di essere precipitosi nel giudicare, nel condannare e nel prendere decisioni affrettate, e non entrare nella funesta sfera dell’ira. (Il detto umano: prima di rispondere conta fino a dieci). La grande saggezza umana!
La virtù della Prudenza è piena della Sapienza divina, è il primo grande dono dello Spirito Santo.
Dal concepimento di Gesù, nel grembo purissimo di Maria, fino all’ultimo suo respiro e alla sua Risurrezione, tutta la sua vita è guidata dello Spirito Santo. Da fanciullo nel Tempio tutti si meravigliavano della sua Prudenza. Le sue risposte erano piene di saggezza, e conoscendo bene il piano di salvezza del Padre suo, a Giuseppe e Maria rispose: «Devo occuparmi delle cose del Padre mio». La Prudenza di Cristo è arrivata al massimo, alla follia della Croce, proprio come dice San Paolo nella prima lettera Corinzi: «La Croce, per quelli che si salvano, è potenza di Dio».
Gesù fa tutto per obbedienza al Padre che lo ha mandato come Salvatore del mondo. Ma nel suo grande amore per noi peccatori, liberamente, si è offerto alla sua passione di Croce e così ha salvato tutta l’umanità. La perfetta Prudenza è sempre al servizio della carità e porta a guadagnare la vita eterna, per noi e per gli altri. Unendoci a Gesù Cristo nell’osservanza dei comandamenti e nel portare la propria Croce, a volte pesante, anche noi collaboriamo alla salvezza del mondo. Noi sappiamo bene che questa Prudenza non è conquista umana ma è una dote di chi è docile allo Spirito Santo.
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Filippesi, 2,5-11).

La giustizia

Se la giustizia umana è qualcosa che regola i rapporti tra le persone, ed esige il rispetto dei diritti naturali e positivi propri e altrui, “la virtù morale della giustizia”, invece, consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è dovuto e quindi, per mezzo di essa, intendiamo e operiamo ciò che è bene nei riguardi di Dio, di noi stessi e del prossimo.
La nostra riflessione riguarda, la giustizia come virtù, cioè capacità e forza per essere giusti, dono della grazia di Dio che si sviluppa e si perfeziona mediante una profonda conoscenza della Bibbia.
Diciamo che la giustizia è una virtù morale che riguarda, il comportamento dell’uomo nelle sue scelte responsabili per ciò che è bene. E’ l’abito naturale per operare il bene.
Fra i tantissimi passi che parlano di giustizia, ne troviamo uno molto significativo che dice: “Non commettere ingiustizia in giudizio: non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia”.
Queste disposizioni non riguardano soltanto i giudici ma tutte le creature umane, perché tutti siamo figli di Dio nostro Creatore. Non calpestare il povero perché povero, il debole perché debole, e non esaltare il potente perché potente e il ricco perché ricco.
Nell’Antico Testamento la giustizia è alla base di tutta la vita familiare e comunitaria del popolo eletto, essa promuove l’ordine, la concordia, il benessere, la pace di tutti. Essa supera largamente le esigenze della giustizia umana e sociale, perché affonda le sue radici nella grazia divina.
Tutti gli insegnamenti della Bibbia riguardanti la giustizia preludono la venuta del Nuovo legislatore, Gesù Cristo, il quale porterà a compimento la piena volontà del Padre. Egli sarà, dunque, la nostra giustizia.
La virtù della giustizia chiede a tutti noi una sempre maggiore buona volontà, perfezione e soprattutto amore. Per noi battezzati la virtù della giustizia deve essere illuminata dal comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta la mente e il prossimo tuo come te stesso”, e con l’importante aggiunta di Gesù: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.
Guardiamo agli insegnamenti di Gesù che ci parla come Figlio di Dio e con il suo grande cuore umano. Egli inizia la sua missione facendosi battezzare da Giovanni nel Giordano per adempiere ogni giustizia. Si tratta appunto della giustizia con la quale Dio Padre vuole salvare il mondo, salvezza che Gesù porterà a compimento sulla croce.
Se vogliamo approfondire l’ambito della virtù della giustizia, secondo gli insegnamenti di Gesù Cristo, dobbiamo leggere e meditare i tre capitoli del “Discorso della montagna”.
È un dovere preciso rispettare i diritti di ciascuno e stabilire nelle relazioni umane l’armonia che promuove l’equità nei confronti delle persone e del bene comune. “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento”. La legge di Dio va osservata con il cuore. Non basta dire: Non ho mai ucciso nessuno. Gesù soggiunge: “Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà giudicato”. Impegnati sempre a fare la pace con coloro che hai offeso, diversamente a che giovano le tue preghiere e le tue offerte?
Non basta dire: “Non ho mai commesso adulterio. Ascolta Gesù: “Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”.
L’antica legge dell’“Occhio per occhio e dente per dente” con la venuta del Signore Gesù non vale più; d’ora in avanti vale solo la legge dell’amore: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.

La fortezza

La virtù della fortezza vince ogni paura, anche la paura della morte. Ho avuto un colloquio con una signora alla vigilia di una operazione difficile al cuore che doveva affrontare il giorno seguente. Era forte e coraggiosa. Si vedeva che lo Spirito Santo aveva lavorato in lei. Le uniche sue paure erano le cose di questo mondo, le guerre, le persecuzioni, ma di morire e d’incontrarsi con Dio, no! Era serena e sorrideva, anche, quando ci siamo dati l’arrivederci ancora qui in terra se a Dio fosse piaciuto.
I cristiani che hanno ricevuto il coraggio dallo Spirito Santo di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della vita per difendere la propria fede, sono innumerevoli, e molti anche in questi nostri giorni. Vorrei ricordare qui i Santi martiri salesiani, Mons. Luigi Versiglia e Don Luigi Caravario, uccisi in Cina nel 1930 in odio alla fede. E ricordiamo anche la Santa Edith Stein, ebrea, cristiana, carmelitana, martirizzata nelle camere a gas ad Auschwitz nel 1942, proclamata da Giovanni Paolo II Patrona d’Europa.
Quando parliamo della virtù della fortezza non intendiamo la forza d’animo, l’energia morale per cui uno vuole e può conseguire la meta che si è prefissa, né del coraggio e del valore nei combattimenti. Nella Bibbia la virtù della fortezza ha un ruolo molto importante quando, appunto, viene evidenziata la forza e la potenza che Dio possiede in abbondanza e che dona al suo popolo. Così viene cantato il passaggio del Mar Rosso: Io canterò al Signore perché si è mirabilmente manifestato. Ha rovesciato in mare cavallo e cavaliere. Il Signore è la mia forza e la mia salvezza. Egli è il mio Dio e lo voglio esaltare, è il Dio di mio padre e lo voglio glorificare.
Per il battezzato la fortezza è un dono che viene da Dio. San Paolo colpito terribilmente da Satana si rivolge con fede al suo Signore per esserne liberato. “Ma egli mi ha detto: La mia grazia ti basta; la mia forza trionfa nella debolezza”. La grazia di Dio è l’amicizia che ci lega con Lui, e per essa ci viene donata la fortezza capace di vincere ogni ostacolo, ogni tentazione. Allora preghiamo con fede viva, nelle prove, nelle lotte contro il nemico, nelle debolezze, nelle fragilità della natura umana, negli abbattimenti del nostro spirito. La grazia del Signore Gesù è potenza divina e non ci mancherà mai, perché Dio guarda gli umili. “Se ciò che è debolezza è più forte degli uomini” e di tutte le loro vanterie, che cosa sarà quando egli dispiegherà tutta la sua potenza? E, per di più, “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” .
Battezzati in acqua e Spirito Santo noi riceviamo forza dallo stesso Spirito per essere veri testimoni del Signore Gesù. San Paolo scrive così al suo discepolo Timoteo.
Non è fortezza cristiana il prendere decisioni ardue e non sapersi tirare indietro di fronte ai pericoli, per esempio correre troppo forte in auto o in moto, fare escursioni in montagna senza considerarne le insidie, o usare il denaro senza pensare al futuro.
Non è fortezza cristiana usare il proprio carattere forte per dominare sugli altri, per esempio dettar legge in famiglia o nei raduni, voler vincere sempre nelle discussioni, persistere nei propri atteggiamenti poco civili. Non è fortezza cristiana il non saper perdonare mai, tentando anche la via della ritorsione e della vendetta, perché ci sentiamo superiori agli altri.
Invece è virtù cristiana la fortezza, dono dello Spirito Santo, quando uno sa valutare i pericoli, segue le regole stradali e prende consiglio, per rispettare la propria e altrui vita e per ben amministrare le risorse della propria famiglia. È pure fortezza cristiana modellare il proprio carattere, scegliendo con sincerità la via del confronto e del dialogo, in tutte le discussioni, considerando gli altri persone umane e figli di Dio.
È ancora fortezza altamente cristiana il perdonare sempre in tutte le situazioni. Possiamo chiedere che la giustizia umana faccia il suo corso, ma l’odio nel cuore del cristiano non deve regnare.
Insomma, la virtù della fortezza non la si dimostra con la temerarietà, che mette tutto a rischio, e neppure con la presunzione di essere già perfetti. E inoltre, la vera fortezza non è ambiziosa oltre misura, né vanagloriosa rivestendosi di meriti e di virtù che non ha.

La temperanza

Le virtù cardinali sono la base e il fondamento della vita di coloro che appartengono a Cristo. Essi hanno una sola mèta: l’Amore. Questa parola riassume tutta la vitalità di Dio: Dio ama. Egli è l’Amore. Dio sa fare solo questo. Se vogliamo entrare in questa sfera, dobbiamo amare Dio con tutto il cuore e con tutte le forze e amare il prossimo come noi stessi, o meglio, amarlo come lo ama Gesù. Questa è la cosa assolutamente più importante per ogni creatura umana, se vuole accostarsi a Dio.
Ma perché il nostro amore non prenda una strada sbagliata, dobbiamo coltivare e accrescere la potenza di queste virtù, che sono libero dono di Dio, da chiedere con insistenza, e conquista di un costante impegno personale. La virtù della Prudenza ci aiuta a vedere e valutare ogni cosa e ogni avvenimento per prendere la giusta decisione riguardante il nostro avvenire e quello di coloro che vivono con noi.
La virtù della Giustizia è come la corazza per l’uomo che vuole essere fedele alla legge di Dio, e confida nella misericordia del Signore Gesù. La battaglia contro le cattive tendenze e gli allettamenti del mondo e del proprio io, che hanno radici profonde nei vizi capitali, ha bisogno di un buon e continuo allenamento che si acquista nella palestra delle virtù della Fortezza e della Temperanza.
La Temperanza è una virtù umana e cristiana che mira a disciplinare gli istinti, stabilendo una regola che serva a dominarli. Qualcuno può dire: Perché non devo seguire gli impulsi della natura umana? Fanno tutti così. Gli esseri animali seguono sempre i loro istinti. Non sono creature libere e quindi non sono responsabili delle loro azioni. Al contrario l’uomo deve sempre rispondere del suo operato. Prima di tutto a se stesso, alla sua salute, quindi alla comunità, e a Dio, anche se non crede.
Gli istinti li portiamo nella nostra carne e sono forze meravigliose che ci spingono verso qualche cosa per averne soddisfazione, compiacimento, gioia, piacere.
“La virtù della Temperanza è la virtù morale che modera l’attrazione dei piaceri”. Così il Catechismo della Chiesa Cattolica.  E i piaceri possono essere molti, svariati e prepotenti. Essi riguardano sia i sensi del corpo come anche il voler conoscere tutto, la pretesa del comandare sempre, e quanto, insomma, può coinvolgere i vizi capitali. Ora se i piaceri vengono ricercati con prepotenza come se fossero degli istinti irresistibili, non solo non appagano compiutamente ma rischiano di farci soccombere.
È appunto il dono della Temperanza che ci “assicura il dominio della volontà sugli istinti” e pertanto ci aiuta a frenare le lusinghe degli stessi piaceri.
I beni che attirano l’uomo sono beni creati da Dio. Essi però non vanno ricercati smoderatamente, il Creatore stesso ci rende capaci di usarli con gioioso equilibrio, per poterli gustare con profondo appagamento e far sì che diventino mezzi per affrontare le inevitabili difficoltà della vita e siano per noi uno stimolo nel fare cose eccellenti per la costruzione di un vivere migliore. Per questo è importante che diventiamo padroni di noi stessi, e che sappiamo dire di no al momento giusto, sempre attenti a non esagerare e pronti a una giusta disciplina delle nostre voglie e dei vizi che ci possono portare a una disfatta.
Dunque la Temperanza è la virtù cristiana che modera i desideri e gli appetiti. La Parola di Dio, così come la leggiamo nella Bibbia, è maestra di vita e allo stesso tempo è luce e forza, appunto perché è parola potente che ci aiuta a correggerci e a convertirci in modo definitivo. Non è bene che uno faccia la pace con i suoi difetti e che se li porti dietro per tutta la vita. È una sciocchezza dire: che cosa ci posso fare? Tutti fanno così.
La Bibbia dice: “Non confidare nelle ricchezze”.Ti danno troppa sicurezza, e rischi di non pensare alla Provvidenza di Dio. Inoltre ti fanno toccare con mano che non ti manca nulla, che ti puoi comperare tutte le soddisfazioni possibili, che ti puoi giocare d’azzardo il denaro che vuoi. Ma non sarai mai sazio. L’invidia di coloro che hanno più di te ti corrode l’animo e non ti lascia dormire. Alcuni ricchi hanno perso tutto. Il denaro è un cattivo padrone. Anzi è come un ladro che ti porterà via tutto.
Ma senza denaro non si può far nulla. Esso è necessario alla vita. Va acquistato con onestà, amministrato con avvedutezza, usato per il bene della propria famiglia ma con il cuore aperto alle necessità del prossimo. Dice ancora la Bibbia: “Non seguire le passioni, poni un freno ai tuoi desideri”. Le passioni sono sentimenti più o meno potenti, di ira, odio, amore, cupidigia, sesso, invidia, gelosia. Coltivarle e seguirle senza alcun freno accecano la mente e fanno compiere azioni che uno non vorrebbe mai aver commesso. Abbrutimento della persona stessa, tradimenti familiari, divisioni, discordie, guerre, morte prematura, cose che i giornali descrivono quasi ogni giorno.
E come le passioni, anche i desideri hanno bisogno di essere guidati, perché essi possono portare gioia alla nostra vita, ma anche terribili depressioni quando non li possiamo realizzare.

sabato 9 aprile 2011

SI AVVICINA LA PASQUA RICORDATI DEL PRECETTO

   Se vogliamo vivere bene e con profitto la santa Pasqua, prepariamoci per adempiere al precetto che dice: Confessarsi una volta nell'anno, comunicarsi almeno a Pasqua.
   E' un precetto voluto dalla chiesa per il bene dei credenti, perchè tutti, almeno una volta nell'anno, possano mettere in pratica, cioè vivere le parole di Gesù: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna. 
   Cerchiamo di non commetere questo peccato: se non si adempie al precetto pasquale si commette peccato. Il peccato ci allontana sempre più da Dio e ci avvicina sempre più al diavolo. Con Dio c'è ogni bene, col diavolo c'è ogni male.

lunedì 4 aprile 2011

"BENEDETTO IL PASSO DI CHI PORTA LIETI ANNUNCI"

Queste parole della Sacra Scrittura le pronuncierò sempre con grande gioia e le riferisco con cuore sincero ai padri missionari e ai giovani del GAM (Gioventù Ardente Mariana) che sono stati nella nostra parrocchia "San Giorgio Martire" in Pianura di Napoli dal 31 marzo al 3 aprile c. a., perchè sono stati veramente messaggeri di lieti annunci.
   Mi prometto di riportare al più presto una breve catechesi su alcune parole che mi hanno colpito moltissimo e sono penetrate nel mio cuore. Spero di viverle sempre meglio e non dimenticarle più.
   Le parole sono: Sorriso - Silenzio - Sguardo. Parole vissute dalla Madonna.
   Nell'omelia della domenica (3 Aprile) il missionario ha insistito sul fatto che, quando viene chiesto come stai, devo rispondere: Sto bene in salvezza e salute. Sempre nella stessa omelia il sacerdote riguardo al rapporto di vita che si deve avere con il Signore ha dato dei suggerimenti che riporto: Senza Gesù (non è buono), anche Gesù (nemmeno è buono), Con Gesù (è buono), Solo con Gesù (è ottimo).
Don Luigi

mercoledì 30 marzo 2011

PREGHIERA D'INTERCESSIONE



PREGHIERE DI LIBERAZIONE DA SATANA E DAGLI SPIRITI MALIGLI E DAL MALE (Esclusivamente per “l’Auto Liberazione).

Se volete star bene protetti e liberati da Satana e salvarvi per la vita eterna: senza scoraggiarvi mai e senza rimandare a domani e poi a domani ancora dovete cambiare vita e pregare non meno di 2/3 ore il giorno!

LEGGETE ATTENTAMENTE IL TESTO QUI SOTTO:

Questa sequenza di preghiere ripetuta più volte nello stesso ordine in cui sono state poste, spezza i legami con Satana ma vanno ripetute non per un solo giorno ma per mesi finchè non passate alla recita quotidiana del Santo Rosario tutti e venti i misteri.
Ricordati Sempre che il Punto di Partenza, è una Buona e Sincera CONFESSIONE! Accusando tutti i peccati, "Nel Nome di Gesù" più ne confessi più starai bene: devi arrivare a confessare anche la "polvere".

CONFESSATEVI ALMENO UNA VOLTA A SETTIMANA!!! PARTECIPATE ALLA SANTA MESSA TUTTE LE DOMENICHE E IN MEZZO ALLA SETTIMANA E FATE LA SANTA COMUNIONE PIU' SPESSO CHE POTETE!!!

Pregate il Santo Rosario tutti e venti i misteri ogni giorno: sono più potenti dell'esorcismo solenne se recitato con il cuore, potete recitarlo in più parti della giornata ad esempio al mattino i misteri gaudiosi, all’ora media i misteri della luce, al pomeriggio i misteri dolorosi e alla sera i misteri gloriosi. Non dovete recitarlo di fretta ma con calma e con il cuore!
Pregate i salmi e i cantici di lode e mettete il diavolo in graticola. Infatti la lode sale e la grazia scende. Basta avere una Bibbia e avete tutti i salmi e i cantici.
Fate il digiuno a pane e acqua il mercoledì e il venerdì e offritelo a Dio per la vostra liberazione da Satana è molto potente: potete mangiare pane in abbondanza ma solo pane e bere solo acqua.
Non credete che gli esorcisti facciano miracoli! Don Gabriele Amorth presidente dell'associazione internazionale degli esorcisti, afferma che loro ci mettono il 10% il resto deve mettercelo la persona con tanta preghiera e un cambiamento di vita. Non esistono vie di mezzo né compromessi questo sia chiaro!
Partecipate ai gruppi di preghiera del Rinnovamento nello Spirito Santo: sono presenti i siti nella home di Aiutonline.org. Loro fanno canti e preghiere di lode e sono spesso guidati da sacerdoti carismatici o esorcisti, nei loro gruppi avvengono guarigioni e liberazioni, sono molto potenti. Nei tre gruppi che coprono tutto il territorio italiano troverete il gruppo nella vostra città.
Queste preghiere di liberazione vanno dette tutte seguendo esattamente lo schema:
1) Chiedere perdono a Dio o non ci libera perché non siamo pentiti.
2) Perdonare chi ci ha fatto del male o non siamo liberati.        
3) Rinunciare a Satana in ogni sua forma o rimaniamo legati.
4) Le preghiere di liberazione tutte e non qualcuna.         
5) Pregare lo Spirito Santo per riempire i vuoti lasciati dalle preghiere di liberazione o siamo vulnerabili peggio di prima.
6) Le preghiere di guarigione dopo che lo Spirito Santo ha occupato il posto del male che era prima in noi.
Se una o più preghiere di liberazione vi piacciono e sentite più benefici delle altre le potete recitare per cinque volte consecutivamente, lo raccomandano anche gli esorcisti, ma cercate di seguire attentamente lo schema che è frutto dell'esperienza di accreditati esorcisti.

PREGHIERA DI LIBERAZIONE
«La nostra fede è in Uno che non cambia nel tempo, Uno il cui amore e potere sono ancora in grado di assolvere i peccatori e guarire gli ammalati, e di dar vita dall'alto a tutti coloro che lo seguono: Uno in cui possiamo riporre tutta la nostra fiducia in questa vita e per tutta l'eternità: il Signore Gesù Cristo, lo stesso ieri, oggi e domani».
(Arcivescovo Manning di New York.)

Ciò che è in accordo con la mente divina è sempre positivo e affermativo. È soltanto ciò che è contrario a tale Mente che non è armonico ed è negativo. Dio soltanto è creatore, Satana non può creare nulla, può soltanto distorcere e rovinare ciò che Dio ha creato. Se avete nella vostra mente dei pensieri che non sono in accordo con la divina volontà anche voi create delle disarmonie in voi e nel mondo che vi circonda.
Qualunque malattia deve essere perciò vista come la distorsione dell'armonia originale con cui l'uomo Spirituale è stato creato da Dio, dice infatti Geremia nella Bibbia, "Siete usciti sani dalle mani di Dio".
Questa distorsione è insita nella nostra mente a causa dei concetti sbagliati trattenuti da millenni nella mente umana. Gli uomini, infatti, da tempi assai lontani hanno perso la coscienza di essere delle creature spirituali e si sono identificati con il loro corpo, cosa di cui sono convinti tuttora.
Malattie, sofferenze e problemi nascono a livello mentale; tutti i nostri guai vanno perciò affrontati con un modo di pensare costruttivo e positivo.
Non si deve dimenticare che Dio è Tutto Bene. Quindi tutto ciò che non è l'espressione di Dio, ovvero il bene, ha soltanto una realtà illusoria. Il dolore e la malattia vanno perciò curati sovrapponendo alle limitate idee umane, che li hanno creati, delle idee divine di amore, salute e armonia.
Dio va considerato come Luce Infinita, Mente Illimitata, Sorgente di tutta la Vera Coscienza. La luce della Verità e dell'Amore è ciò che distrugge l'oscurità della paura e della sofferenza.
In altre parole la guarigione spirituale non fa altro che riconoscere la Presenza Divina in noi ed in coloro che desideriamo aiutare; il riconoscimento della Sua Bontà e della Sua sconfinata Potenza e Autorità proprio là dove sembra che vi siano discordia e malattia.
Gesù Cristo ci mostrò questo metodo dicendo: "Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi".

Come fare una intercessione
La preghiera di intercessione è una forma avanzata di preghiera che può aiutare gli altri e perciò dovrebbe essere praticata da ogni discepolo di Gesù. Qualcuno potrebbe dirvi: "Vuoi pregare per Enrico? Sta attraversando un momento molto difficile".
Oppure una vostra amica, Paola, ha avuto un incidente ed abbisogna molte cure e supporto. Può anche accadere che un vostro parente, Alberto, stia bevendo un po' troppo, e fatti del genere.
Ora fermatevi un momento e chiedetevi che cosa andrete a dire al buon Dio.
Avete forse l'intenzione di dirgli che Enrico sta attraversando un momento difficile? Dio conosce molte più cose su Enrico di quante ne conoscete voi; non è perciò il caso che voi lo informiate.
Intendete raccontare a Dio i dettagli dell'incidente capitato a Paola? Dio conosce già il fatto, non vi compete di andare a fargliene il resoconto.
Come potete portare le virtù, le Risorse di Dio, l'Amore del Cristo, il Potere Guaritore dello Spirito Santo a Enrico o alla vittima dell'incidente? Oppure alla persona che beve un po' troppo?
Non è certo raccontando a Dio come stanno i fatti, e chiedendogli di cambiarli, che potrete fare una buona preghiera di intercessione.
Ora considereremo un modo di aiutare gli altri che ha dato ottimi risultati. Prima di tutto mettetevi tranquilli per due o tre minuti, aver premura di porsi nella Presenza di Dio non è di certo un traguardo ideale.
Quindi parlate a Dio con cuore umile e ditegli qualcosa del genere: "Dio mio, prendi questi pochi minuti della mia vita ed accetta il mio desiderio di aiutare questi tuoi Figli".
Offrite il vostro amore, la vostra volontà, il vostro tempo (forse 15 minuti o più), e la vostra immaginazione a Dio in favore di coloro che desiderate aiutare, ponete un poco di sacrificio personale in questo lavoro.
La seconda cosa da fare consiste nel riuscire a percepire Dio come luce. Se vi trovate in una chiesa, o in una cappella, guardate verso l'altare o alla croce sull'altare. Questo vi aiuterà a focalizzare l'attenzione verso Dio.
Se vi trovate in qualche altro posto chiudete gli occhi e pensate a Dio come se fosse una grande luce che tutto avvolge con amore; gli scopi di Dio sono infatti sempre pieni di luce e di amore, Dio è luce e in Lui non vi è ombra alcuna.
Ora portate Enrico in questa luce; non chiedete nulla, non implorate nessuna grazia. Nella vostra immaginazione portate la persona nella luce che rappresenta la Presenza di Dio.
Allontanate dalla vostra mente gli altri pensieri e rimanete in pace nella presenza di Dio.
Uno dei peggiori pericoli nella preghiera di intercessione consiste nel concentrarsi sulla malattia o sui problemi delle persone per la quale si sta pregando. Pregando per il benessere non dovremmo mai porre la nostra attenzione sui vari problemi ma guardare fiduciosi verso Dio e pronunciare con umile abbandono "Sia fatta Padre la tua Volontà in terra, qui e ora, come è fatta in cielo da sempre e per sempre".
Se sarete capaci di tenere questo atteggiamento vedrete che qualcosa cambierà nella situazione di coloro per cui state pregando.
Facendo questa preghiera utilizzate la vostra volontà per mantenere la persona afflitta nella PRESENZA DI DIO, o, se preferite, nella Presenza di Gesù in modo che Dio possa prendersi cura di lei.
«Alleluia, per il Signore che regna onnipotente»  (Apocalisse 19:16).
Una volta sentii una persona descrivere questa preghiera paragonando i suoi effetti a quelli ottenuti rimuovendo una pianta da una cantina fredda e buia per porla nella piena luce del sole. È facile immaginare quale differenza questo significhi per la pianta; essa potrà ora vivere, crescere e fiorire.
Non tenete perciò i vostri amici in una cantina fredda e buia creata con i vostri pensieri negativi. Non pensateli mai ammalati, infermi o carichi di problemi; pensateli invece come voi li vorreste vedere: sani, felici, e senza problemi. D'altronde questo è anche il desiderio di Dio, che essendo tutto amore, non può desiderare che il benessere di tutti i suoi figlioli.
Questo sarà un efficace esercizio per la vostra facoltà immaginativa, offritela a Dio in modo che, con il suo aiuto, possa diventare uno strumento della sua Pace.
Proseguendo con l'intercessione portate tutte le persone, una per una, nella luce di Dio, e quando vi sono, immaginatele come le vorreste vedere:
·    Immaginate Enrico sereno perché i suoi problemi si sono risolti;
·    Paola che si rimette con le amorevoli attenzioni di chi si prende cura di lei;
·    Alberto che non beve più e vive felice con la sua famiglia.

Immagina Dio al lavoro mentre trasforma in ordine i disordini, in perfezione le imperfezioni, in sani gli ammalati, in pace le agitazioni.
Per terminare identificate il vostro desiderio riguardo a queste persone con il desiderio di Dio.

·    Per Enrico direte: "Mio Dio, io desidero di vedere Enrico sereno e guarito così come Tu lo desideri sereno e guarito".
·    Per Paola: "Mio Dio, io desidero di vedere Paola guarita come Tu desideri di vederla sana e guarita.".
·    Per Alberto: "Mio Dio, io desidero di vedere Alberto in controllo sul vizio del bere come Tu lo desideri sobrio e ristabilito".

Alla fine di ogni intercessione terminate con questo atto di ringraziamento e fiducia: "Nelle tue mani, o Signore, metto questi tuoi figli, li lascio nella tua Presenza e Ti ringrazio per Il Potere Guaritore della luce che splende sopra di lui in questo momento".  La preghiera di intercessione è così terminata.

Nei giorni seguenti è però buona cosa continuare a ravvivare il vostro atto di amore mandando un pensiero ai vostri amici in necessità. È sufficiente a tal scopo immaginarli nella luce di Dio e dire al Signore:
"O Signore, io lascio Enrico nella Tua Presenza e Ti ringrazio per i benefici che egli ha ricevuto in questa giornata e nella notte trascorsa".
È anche utile avere qualche contatto con le persone per cui state pregando. Portatele un piccolo dono, offritele qualche parola di incoraggiamento in modo da sollevarle un poco il morale. A volte basta una fotocopia di una pagina interessante per far sentire che qualcuno ci ricorda e ci ama.
Non includete molte persone nelle vostre intercessioni, almeno per i primi tempi è molto meglio partire con poche, due o tre al massimo, così come abbiamo fatto nel nostro esempio. Quando acquisterete la necessaria esperienza sarà Dio stesso ad indirizzare a voi coloro che potrete aiutare. Non rifiutate mai i casi disperati, guardate a Dio e rimettete tutto nelle Sue mani.

Perché a volte non si guarisce?
Capita a volte, che la guarigione non arrivi e le preghiere di intercessione debbano essere protratte per lungo tempo. Per comprendere la ragione di questo fatto bisogna tener presente che Dio «Non rispetta le persone ma le loro opere» (Atti 10:34), ciò significa che se l'ammalato continua a pensare negativamente, mangiare in modo errato, frequentare persone sbagliate e fare quello che non dovrebbe fare, la sua guarigione non potrà arrivare.
Se le condizioni sono sbagliate dobbiamo pregare Dio che ci mostri gli errori e darci il coraggio e la perseveranza necessari per correggerli, in modo che Egli ci possa guarire. A volte è pure necessario molto tempo prima che nel corpo, e nel cuore (sentimenti) possano avvenire i cambiamenti necessari affinché si instauri la guarigione.
Non abbiate premura, e mentre aspettate cercate di creare le giuste condizioni. Migliaia di sofferenti per artrite, reumatismi, diabete e altro non guariscono perchè continuano a mangiare ciò che appaga alla loro gola e non ciò che farebbe bene alla loro salute.

La guarigione dipende da Dio?
Quando una persona è ammalata è un suo fatto personale, significa che in qualche modo non è in armonia con le leggi divine, se essa ripristina l'armonia originale Dio sarà ben felice di aiutare la sua guarigione. I malanni lasciano sempre il passo al divino volere di Dio.
I malanni sono dei nemici. Gesù considerava le malattie come opera del maligno, disse San Paolo: "Avete udito parlare di Gesù di Nazareth, che Dio ha consacrato con lo Spirito Santo e con la sua potenza. Egli poi è passato dovunque facendo del bene e guarendo quelli che il demonio teneva in suo potere perchè Dio era con lui. Del resto noi siamo testimoni di tutto quello che ha fatto... » (Atti 10:38-39)
Voi potete anche dire che la sofferenza è utile, che da essa avete ricevuto delle lezioni importanti, potete affermare che nelle difficoltà il carattere si rinforza, sono tutti argomenti validi però non dovete mai pensare che la sofferenza sia qualcosa che Dio vuole per il genere umano. Da tempi immemorabili i dottori hanno infatti considerato le malattie come una cosa malvagia.
Malgrado tutto questo vi è ancora qualcuno che ha il coraggio di andare a confortare un infermo dicendogli: "Coraggio, senza dubbio questa è la volontà di Dio, sii paziente e aspetta, sia fatta la sua Volontà!". Se voi aveste la necessità di punire un figlio lo fareste ammalare? Gli dareste una malattia per punirlo? Se lo faceste sareste un demonio in forma umana, eppure qualcuno dei nostri teologi ha attribuito la malattia a Dio. Essi assumono che la malattia sia inevitabile e pertanto debba essere accettata con serena rassegnazione.
La preghiera di rassegnazione dovrebbe invece essere sostituita con quella di entusiastica collaborazione. Questa può essere la differenza di quando rivolgendovi al Padre dite "Sia fatta la tua Volontà!".
Che cosa pensate mentre pronunciate tali parole? Intendete dire "Torni la tua Armonia nel mio corpo" oppure "Io accetto questa malattia, queste miserie, queste paure come punizione per i miei peccati".
Fate la vostra scelta, vi sono forse della malattie nel Regno di Dio? Si fanno delle operazioni chirurgiche? Vi sono degli schizofrenici? Vi sono complessi di inferiorità? Voi sapete bene che non vi sono, e allora pregate Dio che sia "fatta la sua Volontà, come in Cielo così in terra" ed aiuterete non soltanto i vostri amici ma il mondo intero.

Salmo 34 (4-8)

Io ho cercato l'Eterno ed Egli mi ha risposto, e mi ha liberato da tutti i miei spaventi.
Quelli che si rivolgono a Lui sono illuminati e le loro facce non sono svergognate.
Quest'afflitto ha gridato e l'Eterno lo ha esaudito, lo ha liberato da tutte le sue sofferenze.
L'Angelo dell'Eterno si accampa intorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete quanto l'Eterno è buono! Beato l'uomo che confida in lui.

Salmo 103 (1-5)

Benedici l'Eterno, o anima mia e tutto quello che è in me benedica il Suo Santo Nome.
Benedici l'Eterno, o anima mia e non dimenticare alcuno dei suoi benefici.
Egli è colui che ti perdona tutte le tue iniquità e che sana tutte le tue infermità, che redime la tua vita dalla fossa, che ti corona di compassione e misericordia, che sazia di beni la tua bocca, che ti fa ringiovanire come l'aquila.

Salmo 138

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
A te voglio cantare davanti agli Angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia:
hai reso la tua promessa più grande di ogni fama.
Nel giorno in cui t'ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza.
Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra quando udranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore, perché grande è la gloria del Signore;
eccelso è il Signore e guarda verso l'umile ma al superbo volge lo sguardo da lontano.
Se cammino in mezzo alla sventura tu mi ridoni vita;
contro l'ira dei miei nemici stendi la mano e la tua destra mi salva.
Il Signore completerà per me l'opera sua.
Signore, la tua bontà dura per sempre: non abbandonare l'opera delle tue mani.