domenica 3 novembre 2013

La Preghiera di supplica

Piccola introduzione

Dice Romano Guardini: "In generale l’uomo non prega volentieri. E’ facile che egli provi, nel pregare, un senso di noia, un imbarazzo, una ripugnanza, una ostilità addirittura. Qualunque altra cosa gli sembra più attraente e più importante. Dice di non aver tempo, di aver impegni urgenti, ma appena ha tralasciato di pregare, eccolo mettersi a fare le cose più inutili. L’uomo deve smettere di ingannare Dio e se stesso. E’ molto meglio dire apertamente: «Non voglio pregare»".
Ma è vero che la preghiera è solo noia? Proviamo a guardarla un pò più da vicino... questa preghiera...

Perché si prega ?

A questa risposta potremmo rispondere semplicemente: “perché Gesù ha pregato, perché Gesù stesso ci ha detto di pregare, e perché Lui stesso ci ha insegnato a pregare con il Padre Nostro (Lc. 5.16; Mt. 14.23; Mc.3.13; Lc. 6.28; Lc. 22.40...).

Ma vorremmo capire meglio.

La preghiera è un bisogno intimo dell’uomo, innato  nel suo cuore. Perché? Semplicemente perché Dio ci ha creato perché entrassimo in comunione con Lui e la preghiera si inserisce in questo gioco di comunione.
La preghiera è uno strumento di amicizia, forse il più alto, il più misterioso, il più sublime.  Dice Santa Teresa d’Avila: “La preghiera, altro non è che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui, da cui sappiamo di essere amati”.
 Nel gioco dell’amicizia la componente essenziale è quella della comunicazione. L’amicizia è fondamentalmente un incontro interpersonale e questo non si fa senza parole, senza esplicitazione. L’immagine di due persone che stanno l’una accanto all’altra, ma non esprimono il loro rapporto, è l’immagine di due persone che non hanno rapporto fra di loro. Quindi nell’amicizia importante è il comunicare. Siamo invitati, quindi, al dialogo con Gesù.  E’ questo il senso della preghiera: si prega per accrescere la nostra amicizia con Dio.
La preghiera è il mezzo, l’amicizia con Dio è il fine.

Come si prega ?

Beh, se la preghiera è comunicazione, allora deve essere fatta di parole. Ma quali parole usare con Dio?
Questa domanda è stata rivolta a Santa Teresa di Lisieux alcuni giorni prima di morire. La sorella Celina le chiese così: “cosa dici Teresa a Gesù quando preghi ? “ E lei rispose: “io non gli dico niente, io lo amo!”.
Il linguaggio della preghiera è il linguaggio dell’amore. E l’amore ha un cammino preciso da fare, che va dalle parole al silenzio, ma il silenzio della preghiera sarà il massimo della parola.
Naturalmente non si può partire dal silenzio. Occorre partire dalle parole. Ai bambini si chiede di imparare a memoria le preghiere più tradizionali, ai più grandi si chiede di esprimerle attraverso tutta la corporeità. Il corpo è elemento essenziale nella preghiera. Non si prega stravaccati, ma sempre con dignità, preferendo una posizione comoda ma costante, piuttosto che cambiare posizione ogni due minuti.
Va sottolineata nella preghiera la dimensione del canto. Se la comunicazione si avvale delle parole, il canto trascende la parola stessa e ci avvicina di per sé alla dimensione più religiosa. “La mente si accordi alla voce “ ripeteva continuamente S. Benedetto. Non si canta per auto contemplarsi, ma per trascendere se stessi. E’ per questo che vogliamo cantare nella preghiera, perché ci aiuti a vivere il linguaggio dell’amore e ci porti pian piano ad assaporare anche il silenzio.

 Chi prega ?

Apparentemente possiamo dire che siamo noi a pregare. Ma questo non è del tutto vero. Si diceva di S. Francesco: “Non tam orans, quam oratio factus”. Non era più lui che pregava, ma lui stesso era diventato preghiera vivente.  E’ lo Spirito Santo a pregare in noi (Rom. 8.15). E allora noi cosa facciamo? Noi collaboriamo alla preghiera. Il nostro è un tentativo di agganciarci alla vera preghiera, un tentativo di sintonizzarci sulla frequenza dello Spirito Santo. Ed è per questo che nella preghiera è indispensabile l’ascolto. L’ascolto del cuore, l’ascolto della Parola di Dio, l’ascolto del silenzio. Prima si ascolta e poi ci si inserisce nel linguaggio dell’amore. Non si può pregare nel frastuono dei pensieri, ma occorre fare silenzio per ascoltare il silenzio. Capire che non siamo noi a pregare, ma è lo Spirito in noi, ci dà molta più umiltà e frena tutti quei ragionamenti che poco e niente hanno a che vedere con la preghiera.

Chi si prega ?

Si prega Dio, non c’è dubbio. Ma il Dio dei cristiani è la Trinità. Si prega quindi il Padre, per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Ed è per questo che la preghiera più importante è il Padre Nostro, perché è rivolta al Padre, ci è stata insegnata dal Figlio e si comprende solo con lo Spirito di Dio.
Ma allora la preghiera ai santi ? Pregando con Cristo, siamo uniti con tutti coloro che sono le sue membra. Questo ci fa comprendere che la preghiera non agisce mai da sola, ma sempre assieme agli altri. Insieme si va in Paradiso, da soli si va all’inferno.

Quando pregare ?

Il tempo della preghiera deve ritmare la vita di ogni giorno. Col mattino il giorno si rinnova e poi si conclude con la sera. Nel mattino si ripete ogni volta il principio di tutta  la vita, nella sera è presagita la fine ultima, cioè la morte. Tutto ciò si esprime nella preghiera del mattino e della sera. Se esse vengono a mancare, la giornata perde ogni dignità umana. La sera si aggancia al giorno e viceversa. La giornata comincia sempre dalla sera precedente. Il giorno comincia col risveglio e questo è gradito o meno indipendentemente da come si è dormito. Ma il sonno è determinato da ciò che lo ha immediatamente preceduto. Il raccoglimento del mattino e della sera deve raccogliere le gioie, le preoccupazioni e i dolori di tutta la giornata. Non si potrà mai valutare abbastanza l’importanza di questo raccoglimento.
Altro momento indispensabile alla preghiera è prima di mangiare. Il pasto era nell’antichità di tutti i popoli un profondo atto religioso. Esso significava comunione con la divinità e insieme comunione reciproca con i commensali. Una cosa è sedersi per godere solo della buona tavola, altro è ricevere il cibo dalla mano di Dio e dirgli Grazie.

Potrebbero essere quindi tre i momenti principali:

I - Al sorgere e al tramonto del sole e a mezzogiorno prima dei pasti.

II - Così pregavano i grandi profeti dell’Antico Testamento: “Daniele innalzava tre volte al giorno la sua preghiera” (Dan. 6.14), e così fa la Chiesa nelle tre grandi preghiere delle lodi, del vespro e dell’ora media.

III _ Con queste brevissime considerazioni concludiamo questo primo incontro sulla preghiera e lo facciamo proprio con una preghiera:

“La preghiera è un anelito, un sussulto del cuore,
è un soffio che non sai di dove viene e non sai dove va.
La preghiera è un incontro, a volte uno scontro, spesso un’attesa.
E’ il pianto di Pietro al canto del gallo,
è lo stabat di Maria ai piedi della croce.
La preghiera è un attimo di eterno,
è una scelta d’amore,
è un bacio che accarezza un viso.
La preghiera è un ricordo e un progetto,
è un grido ed è silenzio.
Sono le lacrime di chi piange per chi non piange,
sono le suppliche della terra, le lodi della Chiesa.
La preghiera è il nostro respiro, la nostra vita, il nostro tutto.
Non c’è uomo che non prega,
c’è solo un uomo che non sa di pregare”.



mercoledì 23 ottobre 2013

Ai lettori della rubrica: Catechesi, del mio blog, ogni giovedì troveranno delle catechesi sulla preghiera prese da internet e pubblicata su questa pagina.

DIECI REGOLE PER IMPARARE A PREGARE

E’ faticoso pregare. E’ ancor più faticoso imparare a pregare.
Sì può imparare a leggere e scrivere senza maestri, ma occorre essere intuitivi in modo eccezionale e ci vuole tempo. Con un insegnante, invece, è molto più semplice e si risparmia tempo.
Così è l’apprendimento della preghiera: si può imparare a pregare senza scuola e senza maestri, ma l’autodidatta rischia sempre di imparare male; chi accetta una guida e un metodo adatto, sicuramente arriva più sicuro e più in fretta.
Ecco dieci tappe per imparare a pregare. Non si tratta però di regole da “imparare” a memoria, sono traguardi da “sperimentare “. Perciò è necessario che chi si assoggetta a questo “training” della preghiera si impegni, il primo mese, ad un quarto d’ora di preghiera ogni giorno, poi è necessario che man mano estenda sempre più il suo spazio di tempo per pregare.
Normalmente, ai nostri giovani, nei corsi per le comunità di base “chiediamo al secondo mese mezz’ora di preghiera quotidiana in silenzio, al terzo mese un’ora, sempre in silenzio.
E’ la costanza quella che costa di più se si vuole imparare a pregare.
E’ molto opportuno iniziare non da soli, ma in un piccolo gruppo.
La ragione è che verificare ogni settimana col proprio gruppo il cammino che si è fatto nella preghiera, confrontando con gli altri i successi e gli insuccessi, dà forza ed è determinante per la costanza.

REGOLA PRIMA

La preghiera è un rapporto interpersonale con Dio: un rapporto “Io — Tu “.

Gesù ha detto: «Quando pregate dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione». (Lc. XI, 2 - 4)
La prima regola della preghiera è dunque questa: nella preghiera realizzare un incontro, un incontro della mia persona con la persona di Dio. Un incontro di persone vere. Io, vera persona e Dio visto come persona vera. Io, vera persona, non automa.
La preghiera è dunque un calarmi nella realtà di Dio: Dio vivo, Dio presente, Dio vicino, Dio persona.
Perché la preghiera spesso è pesante? Perché non risolve i problemi? Spesso la causa è semplicissima: nella preghiera non avviene l’incontro di due persone; spesso io sono un assente, un automa ed anche Dio è lontano, una realtà troppo sfumata, troppo lontana, con cui non comunico affatto.
Finché nella nostra preghiera non c’è lo sforzo per un rapporto “Io - Tu “, c’è falsità, c’è vuoto, non c’è preghiera. E’ un gioco di parole. E’ una farsa.
Il rapporto “Io — Tu” è fede.

Consiglio pratico

E’ importante nella mia preghiera che io usi poche parole, povere, ma ricche di contenuto. Possono bastare parole come queste: Padre - Gesù, Salvatore - Gesù Via, Verità, Vita – Gesù, Misericordia – Gesù, Amore …

REGOLA SECONDA

La preghiera è comunicazione affettuosa con Dio, operata dallo Spirito e sorretta da lui.

Gesù ha detto: Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.. (Mt. VI, 8 - 15)
Dio è pensiero puro, è puro spirito; non posso comunicare con lui che nel pensiero, attraverso lo Spirito. Non c’è altro mezzo per comunicare con Dio: Dio non posso immaginarlo, se mi creo una immagine di Dio, creo un idolo..
La preghiera non è uno sforzo di fantasia, ma un lavoro di concetto. La mente e il cuore sono gli strumenti diretti per comunicare con Dio. Se fantastico, se mi ripiego sui miei problemi, se dico parole vuote, se leggo, non comunico con lui. Comunico quando penso e amo. Penso e amo nello Spirito. Paolo insegna che è lo Spirito che aiuta questo difficile lavoro interiore. Dice: Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi “. (Rm. VIII, 26)
“Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre “. (Gai. IV, 6)
Lo Spirito intercede per i credenti secondo i disegni di Dio”. (Rm. VIII, 27)

Consigli pratici

E’ importante nella preghiera che lo sguardo sia rivolto più a lui che a noi.
Non lasciar cadere il contatto del pensiero; quando “la linea cade” riallacciare l’attenzione a lui con calma, con pace. Ogni ritorno a lui è un atto di buona volontà, è amore.
Poche parole, molto cuore, tutta l’attenzione tesa a lui, ma nella serenità e nella calma.
Mai iniziare la preghiera senza invocare lo Spirito.
Nei momenti di stanchezza o di aridità implorare lo Spirito.
Dopo la preghiera: ringraziare lo Spirito.

REGOLA TERZA

La strada più semplice per la preghiera è imparare a ringraziare.

Dopo il miracolo dei dieci lebbrosi guariti uno solo era tornato indietro a ringraziare il Maestro. Disse allora Gesù: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? “. (Lc. XVII, 11)
Nessuno può dire di non essere capace a ringraziare. Anche chi non ha mai pregato è capace a ringraziare.
Dio pretende la nostra gratitudine perché ci ha fatti intelligenti. Noi ci indigniamo contro le persone che non sentono il dovere della gratitudine. Siamo sommersi dai doni di Dio dal mattino alla sera e dalla sera al mattino. Ogni cosa che tocchiamo è un dono di Dio. Dobbiamo allenarci alla gratitudine. Non occorrono cose complicate: basta aprire il cuore ad un grazie sincero a Dio.
La preghiera di ringraziamento è un grande allenamento alla fede e a coltivare in noi il senso di Dio. Bisogna solo controllare che il grazie esca dal cuore e sia unito a qualche atto generoso che serva ad esprimere meglio la nostra gratitudine.

Consigli pratici

E’ importante interrogarsi sovente sui doni più grandi che Dio ci ha fatto. Forse sono: la vita, l’intelligenza, la fede, il lavoro, la salute, la sincerità, l’umiltà …
Ma i doni di Dio sono innumerevoli e tra essi ci sono dei doni di cui non abbiamo mai ringraziato.
E’ bene ringraziare per chi non ringrazia mai, a cominciare dalle persone più vicine, come i familiari, gli amici, i vicini di casa, …

REGOLA QUARTA

La preghiera è soprattutto esperienza di amore.

“Gesù si gettò a terra e pregava: « Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu" (Mc. XIV, 35)
E’ soprattutto esperienza di amore, perché esistono tante gradualità nella preghiera: se la preghiera è solo un discorrere con Dio, è preghiera, ma non è la migliore preghiera. Così se ringraziate, se implorate è preghiera, ma la preghiera migliore consiste nell’amare. L’amore ad una persona non sta nel parlare, nello scrivere, nel pensare a quella persona. Sta soprattutto nel far qualcosa volentieri per quella persona, qualcosa che costi, qualcosa a cui quella persona ha diritto o attende, o almeno gradisce molto.
Finché a Dio parliamo soltanto diamo ben poco, Non siamo ancora nella preghiera profonda.
Gesù ha insegnato come si ama Dio “Non chi dice: Signore, Signore, … ma chi fa la volontà del Padre mio... “.
La preghiera dovrebbe essere sempre per noi un confronto con la sua volontà e dovrebbero maturare in noi le decisioni concrete per la vita. La preghiera così più che un “amare” diventa un “lasciarsi amare da Dio “. Quando arriviamo a compiere fedelmente la volontà di Dio, allora amiamo Dio e Dio può ricolmarci del suo amore.
“Chi fa la volontà del Padre mio, questi mi è fratello, sorella e madre “.(Mt. XII, 50)

Consigli pratici

Legare spesso la preghiera a queste domande:
Signore, che cosa vuoi da me? Signore, sei contento di me? Signore, in questo problema, qual è la tua volontà? “. E’ necessario scendere sempre nella concretezza: concludere la preghiera con qualche decisione ben precisa, per migliorare qualche dovere.
Preghiamo quando amiamo, amiamo quando diciamo qualcosa di concreto a Dio, qualcosa che lui attende da noi o che gradisce in noi. La preghiera vera comincia sempre dopo la preghiera, dalla vita.

REGOLA QUINTA

La preghiera è far calare la potenza di Dio nelle nostre viltà, debolezze, miserie, vizi, cattive abitudini …

Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra. E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore. (Ef. VI, 1 e ss.)
Tutto posso in Colui che mi dà forza “. (Fil.. IV, 13)

Pregare è amare Dio. Amare Dio nelle nostre situazioni concrete. Amare Dio nelle nostre situazioni concrete significa: specchiarci nelle nostre realtà quotidiane (doveri, difficoltà e debolezze) confrontandole con schiettezza con la volontà di Dio, chiedere con umiltà e fiducia la forza di Dio per portare avanti i nostri doveri e le nostre difficoltà come Dio vuole.
Sovente la preghiera non dà forza perché noi non vogliamo veramente quello che chiediamo a Dio. Noi vogliamo veramente superare un ostacolo quando precisiamo a noi stessi con molta chiarezza l’ostacolo e chiediamo con molta schiettezza a Dio il suo aiuto. Dio ci comunica la sua forza quando anche noi tiriamo fuori tutta la nostra forza. Normalmente se chiediamo forza a Dio per il momento, per l’oggi, noi collaboriamo quasi sicuramente con lui per superare l’ostacolo.

Consigli pratici

Riflettere, decidere, implorare: sono i tre verbi della nostra preghiera se vogliamo sperimentare la forza di Dio nelle nostre difficoltà.
E’ bene nella preghiera partire sempre dai punti che scottano, cioè dai problemi che urgono di più: Dio ci vuole a posto con la sua volontà. L’amore non sta nelle parole, nei sospiri, nei sentimentalismi, sta nel cercare la sua volontà e nel farla con generosità. La preghiera è preparazione per l’azione, partenza per l’azione, luce e forza per l’azione. Urge far partire sempre l’azione dalla ricerca sincera della volontà di Dio.

REGOLA SESTA

La preghiera detta “preghiera di silenzio" è importantissima per educare alla concentrazione profonda.

Gesù disse: «Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.» (Mc. VI, 31-32)

Al Getzemani disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui mentre io prego ». Prese con se Pietro, Giacomo e Giovanni... Si gettò a terra e pregava... Tornato indietro li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? » “. (Mc. XIV, 32)

La “preghiera di silenzio” consiste nel mettersi davanti a Dio eliminando parole, pensieri e fantasie, sforzandosi nella calma solo di essere presenti a lui.
E’ la concentrazione il problema più determinante della preghiera. La “preghiera di silenzio” è come un esercizio di igiene mentale per facilitare la concentrazione e avviare la preghiera profonda.
La “preghiera di silenzio” è uno sforzo di volontà per renderci presenti a Dio, è uno sforzo di volontà più che di intelligenza. Più di intelligenza che di immaginazione. Anzi la “preghiera di silenzio” deve frenare l’immaginazione concentrandosi su un unico pensiero: di essere presente a Dio.
La “preghiera di silenzio” è  preghiera perché è attenzione a Dio. E’ preghiera faticosa: normalmente è bene prolungare questo tipo di preghiera solo per un quarto d’ora, come avvio all’adorazione. Ma è già adorazione perché è attenzione amorosa a Dio. Può facilitare molto questo pensiero di De Foucauld: “Guardo a Dio amandolo, Dio mi guarda amandomi “.
E’ consigliabile fare questo esercizio di preghiera davanti all’Eucaristia, oppure in un luogo raccolto, gli occhi chiusi, immersi nel pensiero della sua presenza che ci avvolge: “In lui viviamo, muoviamo e siamo “. (At. XVII, 28)

S. Teresa d’Avila, la specialista di questo metodo di preghiera, la suggerisce a quelli che sono “continuamente dissipati” e confessa: “Finché il Signore non mi suggerì questo metodo di preghiera, non avevo mai ricavato soddisfazione o gusto dalla preghiera “. Raccomanda: “Non fare lunghe e sottili meditazioni, la  “preghiera di silenzio” è un energetico efficacissimo contro l’irriflessione, male radicale della nostra preghiera. E’ la preghiera senza parole. Gandhi diceva: “E’ meglio una preghiera senza parole che tante parole senza preghiera”.

Consigli pratici

E’ lo stare con Dio che ci cambia, più che lo stare con noi stessi. Se la concentrazione sulla presenza di Dio si fa difficile, è utile usare qualche semplice parola come: Padre; Gesù Salvatore; Padre, Figlio, Spirito Santo; Gesù, Via, Verità e Vita.
E’ molto utile anche la “preghiera di Gesù” del pellegrino russo “Gesù Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore “, ritmata col respiro. Curare la compostezza e la calma. E’ preghiera di alta classe e insieme accessibile a tutti.

REGOLA SETTIMA

Il cuore della preghiera è l’ascolto.

“Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Marta, invece, era tutta presa dai molti servizi... Gesù disse: « Maria ha scelto la parte migliore » (Lc. X, 39)

L’ascolto suppone di aver capito questo: che il personaggio-chiave della preghiera non sono io, ma Dio. L’ascolto è il centro della preghiera perché l’ascolto è amore: è infatti attesa di Dio, attesa della sua luce; l’ascolto affettuoso di Dio comprende già la volontà di rispondere a lui.
L’ascolto si può fare interpellando umilmente Dio su di un problema che ci assilla, oppure interpellando la luce di Dio attraverso la Scrittura. Normalmente Dio parla quando io sono preparato alla sua parola.
Quando in noi imperversano la cattiva volontà o la menzogna, è difficile sentire la voce di Dio, anzi difficilmente abbiamo il desiderio di sentirla.
Dio parla anche senza parlare. Risponde quando vuole. Dio non parla “a gettoni “, quando lo esigiamo noi, parla quando vuole lui, normalmente parla quando siamo preparati ad ascoltarlo. Dio è discreto. Non forza mai la porta del nostro cuore.
“Io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e mi apre, io entrerò da lui e cenerò con lui e lui con me “. (Ap. 111, 20)
Non è facile consultare Dio. Ma ci sono dei segni abbastanza chiari se siamo nel giusto. Dio, quando parla, non va mai contro il buon senso o contro i nostri doveri, ma può andare contro la nostra volontà.

Consigli pratici

E’ importante impostare la preghiera su qualche domanda che inchiodi ogni evasione, come: Signore, che cosa vuoi da me in questa situazione? Signore, che cosa vuoi dirmi con questa pagina di Vangelo?».
La preghiera che va decisa alla ricerca della volontà di Dio dà nerbo alla vita cristiana, sviluppa la personalità, abitua alla concretezza E’ solo la fedeltà alla volontà di Dio che ci realizza e ci fa contenti

REGOLA OTTAVA

Anche il corpo deve imparare a pregare.

Gesù si gettò a terra e pregava... “. (Mc. XIV, 35)
Non possiamo mai prescindere del tutto dal corpo quando preghiamo. Il corpo influenza sempre la preghiera, perché influenza ogni atto umano, anche il più intimo. Il corpo o diventa strumento della preghiera o diventa ostacolo. Il corpo ha le sue esigenze e le fa sentire, ha i suoi limiti, ha i suoi bisogni; spesso può impedire la concentrazione e ostacolare la volontà.
Tutte le grandi religioni hanno sempre dato una importanza grandissima al corpo, suggerendo prostrazioni, genuflessioni, gesti. L’Islam ha diffuso la preghiera in modo profondo tra le masse più arretrate soprattutto insegnando a pregare col corpo. La tradizione cristiana ha sempre considerato molto il corpo nella preghiera: è imprudente sottovalutare questa esperienza millenaria della Chiesa.
Quando il corpo prega, lo spirito entra subito in sintonia con lui; spesso non succede il contrario: il corpo spesso fa resistenza allo spirito che vuole pregare. E’ importante perciò cominciare dal corpo la preghiera chiedendo al corpo una posizione che aiuti la concentrazione. Può servire molto questa norma: stare in ginocchio tenendo il busto ben eretto, spalle aperte alla respirazione regolare e piena, è più facile la concentrazione, braccia rilassate lungo il corpo, occhi chiusi o fissi all’Eucaristia o sul tabernacolo.

Consigli pratici

Quando si è soli è bene anche pregare a voce alta, allargando le braccia; anche la respirazione profonda aiuta molto la concentrazione. Certe posizioni dolorose non aiutano la preghiera, così non l’aiutano le posizioni troppo comode. Non scusare mai la pigrizia, ma indagare sulle sue cause. La posizione non è la preghiera, ma aiuta od ostacola la preghiera: bisogna curarla.

REGOLA NONA

Il luogo, il tempo, il fisico sono tre elementi esteriori alla preghiera che incidono fortemente sulla sua interiorità.

Gesù se ne andò sulla montagna a pregare (Lc. VI, 12)si ritirò in un luogo deserto e là pregava (Mc. I, 35)Al mattino si alzò quando ancora era buio (Mc. I, 35)passò la notte in preghiera (Lc. VI, 12)  ...si prostrò  con la faccia a terra e pregava (Mt. XXVI, 39).

Se Gesù ha dato tanta importanza al luogo e al tempo per la sua preghiera, è segno che noi non dobbiamo sottovalutare il luogo che scegliamo, il tempo e la posizione fisica. Non tutti i luoghi sacri aiutano la concentrazione e certe chiese aiutano di più, certe di meno.
Devo anche crearmi un angolo di preghiera nella mia stessa casa o a portata di mano. Naturalmente posso pregare in qualunque luogo, ma non in qualunque luogo posso concentrarmi con la stessa facilità.
Così va scelto con cura il tempo: non qualunque ora della giornata consente una profonda concentrazione. Il mattino, la sera, la notte sono i periodi in cui normalmente la concentrazione è più facile. E’ importante abituarsi ad un’ora fissa per la preghiera; l’abitudine crea la necessità e crea il richiamo alla preghiera. E’ importante cominciare con slancio, fare dal primo istante, la nostra preghiera.

Consigli pratici

Siamo noi i padroni delle nostre abitudini.
Il fisico si crea le sue leggi e si adatta anche alle leggi che noi gli proponiamo. Le abitudini buone non sopprimono tutte le lotte della preghiera, ma facilitano molto la preghiera.
Quando c’è un malessere di salute bisogna rispettarlo: non si deve lasciare la preghiera, ma è importante cambiare il metodo di preghiera. E’ l’esperienza la migliore maestra per scegliere le nostre abitudini di preghiera.
REGOLA DECIMA
Per rispetto a Cristo che ce l’ha dato, il “Padre nostro” deve diventare la nostra preghiera cristiana.

“Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli ... (Mt. VI, 9). Se Gesù ha voluto darci lui stesso una formula di preghiera è logico che il “Padre nostro” deve diventare la preghiera preferita su tutte le preghiere. Devo approfondire questa preghiera, usarla, venerarla.
La Chiesa me l’ha consegnata ufficialmente nel Battesimo. E’ la preghiera dei discepoli di Cristo. E’ necessario che qualche volta nella vita si faccia uno studio prolungato e profondo su questa preghiera.
E’ una preghiera non da “recitare“, ma da “fare“, da meditare. Più che una preghiera è una pista per la preghiera. E’ utile spesso impiegare un’ora intera di preghiera approfondendo solo il Padre nostro.

Ecco alcune riflessioni che possono aiutare:

Le prime due parole contengono già in sé due regole importanti di preghiera.
Padre: ci richiama anzitutto alla confidenza e all’apertura di cuore verso Dio.
Nostro: ci richiama a pensare molto ai fratelli nella preghiera e ad unirci a Cristo che prega sempre
con noi.
Le due parti in cui è diviso il “Padre nostro” contengono un altro richiamo importante sulla preghiera: anzitutto essere attenti ai problemi di Dio, poi ai nostri problemi; prima guardare a Lui, poi guardare a noi.

Per un’ora di preghiera sul “Padre nostro” può servire questo metodo:
Primo quarto d’ora: ambientazione alla preghiera: Padre nostro.
Secondo quarto d’ora: adorazione: Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà.
Terzo quarto d’ora: implorazione: Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Ultimo quarto d’ora: perdono: Perdona come noi perdoniamo, non ci indurre in tentazione, liberaci dal Maligno.


martedì 2 luglio 2013

la preghiera di liberazione -

Insegnamenti di Padre Augusto Drago presi da internet

I INSEGNAMENTO


Sulla preghiera di liberazione, vorrei riprendere il tema della benedizione, appena accennato nella prima parte del presente articolo pubblicato la settimana scorsa.
Il 15 aprile1994 la Conferenza episcopale toscana emanava una nota pastorale sulla demonologia e sulle sue varie forme: dalla magia all’occultismo. Essa, passando attraverso i diversi aspetti di maleficio e possessione diabolica, giunge a descrivere i vari fenomeni analizzandoli alla luce della dottrina e dell’esperienza della Chiesa, sottolineando la libertà del cristiano e la vittoria di Cristo.
Nella terza parte, il documento dei Vescovi toscani, si sofferma a lungo ad analizzare i livelli di intervento della Chiesa. Tra questi, oltre agli esorcismi, vengono descritte con particolare cura ed attenzione le preghiere di benedizione.
Che cosa rappresenta una benedizione nell’ambito della preghiera di liberazione?
La nota al n.18 afferma: “Nell’ambito dell’agire sacramentale della Chiesa, un significato particolare lo occupano le benedizioni. Gli esorcismi esprimono la lotta della Chiesa contro le potenze del male, le benedizioni manifestano lo splendore della salvezza del Risorto ormai presente nella storia come un principio nuovo di trasfigurazione della vita dell’uomo e del cosmo. Benedire è infatti un atto sacramentale della Chiesa, nel quale si manifesta la fede nella presenza operante di Dio nel mondo e la vittoria pasquale del Signore Gesù. Occorre tuttavia che il concetto di benedizione e il ricorso ad essa, siano adeguatamente compresi, evitando sovrapposizioni o collusioni tra il corretto pensare della Chiesa ed una mentalità a sfondo superstizioso, che può finire per ridurre la preghiera di benedizione ad un atto più o meno magico “ .
Il libro liturgico del Benedizionale, nelle Premesse generali, mette particolarmente in evidenza che la fonte di ogni benedizione è Dio, Benedetto nei secoli, e che è al di sopra di tutte le cose (n.1). Ciò affermando, ci viene detta una cosa molto importante: se Dio, da una parte, è la fonte di ogni Benedizione, dall’altra è anche Benedetto. Eternamente Benedetto dal Figlio nello Spirito Santo. Benedetto in Cristo da ogni uomo che Gli dà lode nel Figlio e con il Figlio. C’è dunque, nella preghiera di benedizione, un duplice movimento: ascendente e discendente. Dio è il Benedicente ed il Benedetto. Il primo movimento è quello della lode di Dio, una lode colma di riconoscenza e di ringraziamento, per le opere mirabili che Egli ha compiuto in nostro favore, sia donandoci la vita, sia donandoci la Redenzione operata da Cristo e la vittoria sul maligno, Satana, l’antico serpente, colui che seduce tutta la terra (Apocalisse 12, 9). E’ Lui, il Padre, che per primo, fin dall’eternità, ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo (Efesini 1,3). Il secondo movimento, quello discendente, nasce da questa consapevolezza: Dio è il Benedicente, ossia Colui che è invocato perché ci doni la sua grazia e la sua protezione nelle situazioni personali, familiari, sociali della vita. Chi crede nel Dio della vita, porta in sé i segni della Benedizione: l’amore per la vita, per la bontà, per la bellezza che ritma la danza della Lode, frutto delle nostre labbra e di un cuore adorante.
Quando Dio o direttamente o per mezzo di altri benedice, sempre viene assicurato il suo aiuto, annunciata la sua grazia, proclamata la sua fedeltà all’alleanza sancita. E quando sono gli uomini a benedire, essi lodano Dio ed inneggiano alla sua bontà e misericordia. Dio infatti benedice comunicando o preannunciando la sua bontà. Gli uomini benedicono Dio, proclamando le sue lodi, rendendo a Lui grazie…Quando a benedire sono gli altri, i ministri del Signore, essi invocano l’aiuto di Dio sui singoli e su coloro che sono riuniti in assemblea. (Benedizionale, premesse generali, n.6).
Data da Dio la benedizione è vita, è protezione amorosa, è inscritta nell’alleanza di salvezza. Quando è data dall’uomo a Dio è lode, quando è data dal ministro della Chiesa è segno sacramentale della protezione amorosa di Dio verso di noi.
Dio benedice. Satana maledice!
Dio, benedicendo, si manifesta come amante della vita e dell’uomo.
Satana, maledicendo, si manifesta come il signore della morte e di ogni forma di distruzione.
La benedizione di Dio verso l’uomo è una lode del Creatore per la sua creatura più bella, fatta a sua immagine e somiglianza. Dio non può che bene-dire, o dire-bene dell’opera delle sue mani. Pertanto il suo gesto è infusione di vita, forza che dona coraggio, sicurezza nella lotta contro il maligno. La benedizione dell’uomo verso Dio è il canto di lode per la bontà e la misericordia del Padre, di cui celebra la grandezza e la Maestà. Proprio per questo, Satana non può reggere al canto di benedizione, perché egli odia il suo Creatore, lui che voleva innalzarsi al suo posto e diventare come Dio!
La lode, come canto di benedizione, allontana Satana, e lo fa ricadere nell’abisso da dove è uscito. Ne ho fatta esperienza personale: qualche volta ho praticato degli esorcismi alla presenza di un gruppo di preghiera con il compito di lodare e benedire il Padre nel nome di Gesù. Ebbene, posso affermare che molte liberazioni sono avvenute così!
Potenza della Lode e della Benedizione! Essa tuttavia, per avere efficacia nella lotta contro Satana, richiede una fondamentale attitudine di fede, per essere operativa di ciò che significa, ed esige una risposta di vita in rapporto a ciò che con essa si celebra. Chi poi, da parte sua, chiede una benedizione, deve avere una predisposizione di amore verso il Signore ed un proposito nel cuore di mantenere integra la propria fede e professarla con l’aiuto dei sacramenti, in modo particolare, dell’Eucaristia. Chiedere una benedizione al di fuori di queste condizioni, farebbe scadere la benedizione medesima, ad un atto di rituale magico o scaramantico. Non bisogna scherzare con le cose di Dio!
La citata nota pastorale dei Vescovi toscani esorta i presbiteri perché si offrano volentieri a coloro che richiedono particolari benedizioni su persone e cose, ma si preoccupino ogni volta di spiegare, con cura e chiarezza, che nessuna benedizione ha efficacia senza le dovute disposizioni di chi la chiede, a cominciare dalla rinuncia al peccato. In caso contrario, continua la nota, la benedizione rischia di essere svuotata dal suo autentico significato, fino al pericolo di assimilarla alla stregua di un amuleto o oggetti simili, o di venire ridotta ad un gesto alienante dalla fede e dalla coerenza di vita richiesta dal Vangelo.
Ed ora, avviandomi alla conclusione, vorrei aggiungere qualche altro aspetto che vuole essere come una risposta a delle domande che non pochi si fanno circa il potere di Satana.

• Anzitutto, chi è il diavolo?
La Chiesa insegna che all’inizio i diavoli erano angeli buoni, creati da Dio, ma che poi, da se stessi, per loro libera ed irrevocabile scelta, si sono trasformati in malvagi, ribellandosi e rifiutando Dio. Secondo una antica tradizione patristica, il motivo della ribellione angelica sarebbe stato il fatto che il Padre avesse loro mostrato il Mistero del Verbo incarnato e li avesse invitati ad adorarne l’Umanità. Gli angeli ribelli si sarebbero rifiutati perché per natura tutti gli angeli sono superiori all’uomo. Da qui nasce l’odio verso Dio e verso l’uomo. Per Dio, perché ha osato innalzare l’uomo ad una dignità altissima, per l’uomo, perché in qualche modo egli viene divinizzato. Egli, infatti, è creato ad immagine e somiglianza di Dio stesso, e, nell’Umanità di Cristo, viene esaltato. Satana è il principe di questo mondo (Giovanni 12, 31), è peccatore fin dal principio (1Giovanni 3, 8) e si oppone a Dio e al suo disegno di salvezza.

• Quali poteri ha su di noi?
Sempre nella prima lettera di Giovanni si legge: Tutto il mondo è sotto il potere del maligno (1Giovanni 5, 19). Egli opera, prima di tutto, attraverso la tentazione e l’inganno. Pronuncia parole di menzogna, induce all’errore ed illude le anime. E’ a causa sua che il peccato, con tutte le sue devastanti conseguenze, è entrato nel mondo. Lo scrittore francese Charles Baudelier affermava che l’astuzia più perfetta di Satana consiste nel persuaderci che non esiste. Egli in realtà, essendo un angelo depersonalizzato a causa del suo peccato di ribellione, ha un immenso potere di seduzione:
◊ La più grave è la seduzione menzognera che ha indotto l’uomo a disobbedire a Dio, come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 394). Ha cercato di sedurre anche Cristo direttamente (Luca 4, 1-13), o indirettamente servendosi di Pietro (Matteo 16, 23);
◊ Alla stessa maniera cerca in tutti i modi, di sedurre i discepoli di Cristo, li inganna circa la Volontà di Dio, fa scomparire dal cuore degli uomini il senso del peccato, ma non può impedire l’edificazione del Regno di Dio. Può fare battaglia, può ingaggiare una guerra terribile contro la Chiesa, corpo di Cristo, ma Le porte degli inferi non prevarranno su di essa (Matteo, 16, 18).

• Perché Dio permette a Satana di tormentare l’uomo?
Certo, questo rimane un grande mistero. E’ necessario precisare prima di tutto che, anche nella forma più grave della possessione, l’azione di Satana, non può riguardare il dominio sull’anima, ma unicamente sul corpo dell’uomo, Penetrare nel sacrario dell’anima umana, come afferma san Bonaventura, è riservato solo a Dio. Satana è pur sempre una creatura, anche se di natura angelica depravata, ed in quanto tale, non può fare nulla al di fuori della Volontà di Dio dalla quale si sente costretto. La domanda posta, allora ha un suo senso. E’ Dio che permette la possessione, la ossessione ed ogni forma di disturbo arrecato dall’angelo distruttore, all’uomo. Perché?
Non è facile rispondere a questa domanda. Tuttavia sappiamo tutti che la vita terrena è sempre un tempo di prova. Durante questo tempo, Dio può consentire al demonio, come avvenne per Giobbe, di tentare e “saggiare” l’uomo, mai però, al di sopra delle sue forze. Sappiamo anche per fede, che da questo male, Dio sa trarre un bene più grande, perché con la sua grazia, il cuore esce purificato dalla prova e la fede diviene più salda.
Diverso è il caso in cui è l’uomo che si offre volontariamente al potere di Satana, per diventare più potente, più ricco, più forte, per soddisfare al meglio le passioni peccaminose che lo seducono (amore, sesso, ecc.). In questo caso non si tratta di una prova di Dio, ma di una volontaria autodistruzione dell’uomo e di una società intera che si fa possedere dal maligno. Da questa auto-consegna a Satana, nascono le sette, come gruppi di potere per creare disordine e rovina nella vita dell’uomo e della società intera.

• La magia, lo spiritismo, l’occultismo e tanti altri fenomeni simili, sono opera di satana?
La nota dei Vescovi toscani, si pone a riguardo, una domanda molto seria. Essa dice: Come si spiega che in un’epoca caratterizzata da uno sviluppo così ricco di pensiero scientifico e razionale, si verifichi una diffusione tanto vasta di tipo magico-occultista? La crescita a macchia d’olio del fenomeno, almeno in termini generali, può essere collegata ad istanze esistenziali …che nascono dalla profonda insicurezza in cui l’uomo concepisce la propria vita. Insicurezze che generano paure, ansie, desiderio di essere rassicurati sul proprio presente e sul proprio futuro. La magia in quanto tale, persegue il sogno inconfessabile della creatura umana ad essere Dio. Il principio magico per cui il rito, se posto in essere correttamente, deve produrre gli effetti desiderati, può avere un influsso sul comportamento religioso di chi intende i gesti sacramentali, quali, ad esempio, la benedizione, la partecipazione ai sacramenti soprattutto all’Eucaristia, in senso automatico. In pratica molti, anche cristiani, assimilano i sacramenti al culto magico. Questo più che un culto, è un “anti-culto”.
E’ pertanto assolutamente inaccettabile sul piano della fede qualsiasi forma di magia, sia quella normalmente detta “bianca” (l’uso di talismani, amuleti, filtri usati a scopo di guarigioni o riconciliazioni ricorrendo a riti ed arti occulte), sia, in modo particolare quella detta ”nera”: Quest’ultima infatti, intende procurare in modo diretto o indiretto, il male di altri, o ad ottenere per sé, con mezzi illeciti e con l’invocazione del demonio, vantaggi, onori e ricchezze. L’uso della magia è un grave peccato, perché è un rifiuto del vero ed unico Dio, il Dio di Gesù Cristo, il Dio della salvezza. Così, per la stessa ragione, è grave peccato il così detto, maleficio o “fattura”. In tali pratiche non si può escludere a priori un collegamento con l’azione di Satana. Quindi possiamo affermare, sia pure con una certa prudenza (infatti bisogna valutare caso per caso), che queste realtà sono diaboliche.
Fratelli e sorelle, noi che abbiamo creduto in Lui, Parola di verità, di amore e di salvezza, non temiamo nessuna azione del maligno. Ma Gesù ci dice di pregare il Padre dicendogli: Liberaci dal Maligno!. Ed ancora: “Non abbandonarci nella tentazione”. Ed il Padre celeste che legge nel segreto, ascolta il grido della nostra preghiera. D’altra parte, attraverso l’Eucaristia, la porta del nostro cuore è segnata dal Sangue del Divino Agnello e davanti ad esso, l’Angelo sterminatore (Esodo 12, 23) passerà oltre! Conserviamo la fede, combattiamo la nostra battaglia e, alla fine, il Signore ci dirà: “Vieni, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Signore” (Matteo, 25, 21).
Ribadiamo l’assoluta ed insostituibile Signoria di Gesù, non solo nella vita della Chiesa, ma nella stessa storia del cosmo e dell’umanità. Egli ha fatto precipitare l’accusatore degli uomini e ha reso vittoriosi i suoi fratelli (Apocalisse, 12, 10-12), Lui e Lui solo, ha promesso il dono dell’acqua della vita a coloro che saranno vittoriosi sul male e su ogni forma di idolatria e di magia (Apocalisse 21, 6-8). Il Signore Gesù distruggerà il maligno con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta (2Tessalonicesi, 2, 8).
Chi ha scoperto Gesù Cristo, non ha bisogno di andare a cercare la salvezza altrove!

Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede (1Pietro, 5, 8-9a). AMEN